I volti della paura by Roberto Escobar;

I volti della paura by Roberto Escobar;

autore:Roberto, Escobar; [Escobar, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Universale Paperbacks il Mulino
ISBN: 9788815411228
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-11-14T23:00:00+00:00


La “cosa” gli si era mostrata per quello che era: la paura assoluta, la paura senza scampo di un essere umano di fronte alla sua morte – alla certezza immediata della sua morte – trasformata in spettacolo.

1. Il terrore più grande

Si dirà che molto è cambiato nei secoli – soprattutto nel secolo che ci sta alle spalle. Si dirà che l’entusiasmo per lo spettacolo della morte è ormai perso nelle ombre del Medioevo. Come fosse un cancro, un “brutto male”, evitiamo addirittura di dare alla cerimonia il suo nome[12], omicidio. Il pacco, il cliente, il paziente – negli Usa dead man walking, morto in cammino, come suona il titolo di un film duro e coraggioso[13] –, così oggi si chiama la vittima nel gergo dei boia, terribile ma indiretto. Gli stati omicidi, ipocriti, si preoccupano che il lavoro non sia fatto in piazza, ma in segreto, e con arnesi capaci di violare la carne senza (si dice) far male (ma c’è chi non ha questa “delicatezza”, e ne fa ancora pubblico spettacolo)[14]. I roghi, lo squartamento, lo sgozzamento fanno male? Fanno male la decapitazione, la forca, la fucilazione, la sedia elettrica? Si proceda con lo scrupolo misericordioso di un’iniezione. Salvo poi tornare alla fucilazione, come nel marzo del 2022 in South Carolina, se i veleni necessari scarseggiano[15].

Prima di essere eletto, lo consigliò anche Ronald Reagan in un’intervista: l’esperienza con gli animali del mio ranch mi ha convinto che le persone si devono uccidere così, non con metodi barbarici[16]. Sarebbe stato inutile obiettargli quello che nel 1948 scrisse Charles Duff nel suo sarcastico, addolorato Manuale del boia: nessuno che sia morto appeso a un cappio «ha mai potuto descriverci come stanno le cose»[17]. E neppure chi sia stato ucciso con pentothal, pancuronio e cloruro di potassio. E sarebbe stato ancora più inutile ricordargli le ore, i giorni, i mesi, gli anni di paura, e anzi di terrore e angoscia patiti da chi, nel braccio della morte, attende di essere appeso a un cappio, di essere bruciato su una sedia, di essere avvelenato con la civilissima violenza di un’iniezione.

Quando i nostri giuristi ufficiali parlano di far morire senza far soffrire, scrive ancora Camus,

non sanno di che cosa parlano, e soprattutto mancano d’immaginazione. La paura devastante, umiliante che s’impone al condannato per la durata di mesi, o anni, è una paura più atroce della morte, e che non è stata imposta alla vittima. Quest’ultima, persino in preda allo spavento della violenza mortale che le si accanisce contro, nella maggior parte dei casi viene precipitata nella morte senza che se ne accorga. Il tempo dell’orrore le viene calcolato con la vita, e la speranza di sfuggire alla follia, che si abbatte su di lei, probabilmente non le è mai venuta meno. Invece per il condannato a morte l’orrore è fatto di particolari. La tortura della speranza che si alterna alla disperazione animale […] si tratta di mesi, non di minuti. Molto tempo prima il condannato sa […] che verrà ucciso, e che potrà salvarlo soltanto la grazia, che per lui è qualcosa di simile ai decreti divini.



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