Il crocifisso di Stato by Sergio Luzzatto

Il crocifisso di Stato by Sergio Luzzatto

autore:Sergio Luzzatto
La lingua: ita
Format: mobi, epub
ISBN: 9788858404409
editore: Einaudi
pubblicato: 2014-01-18T23:00:00+00:00


12. Prigionieri del Vaticano.

Nel gergo d’oggidí, uomini come Malaparte, Mussolini, Lupi, verrebbero definiti «atei devoti»: un ossimoro fra i molti cui il discorso pubblico italiano ci ha abituati, ma un ossimoro piú significativo di altri. Perché l’ateismo devoto – la tutela a oltranza della Chiesa per ragioni di realismo politico, senza intima adesione alla fede cattolica – è davvero qualcosa di piú che una formula giornalistica: è una funzione nella storia dell’Italia moderna. Se ne potrebbe ricostruire (come in un libro di analisi matematica) il dominio e il codominio, le variabili dipendenti o indipendenti, su una linea del tempo lunga centocinquant’anni, dalla stagione dell’Unità al nostro presente. Si ritroverebbero le medesime costanti. Da una parte, il papa, il Vaticano, la Chiesa come istituzione. Dall’altra parte, un numero grande o piccolo di uomini senza Dio che cercano un rapporto di dipendenza funzionale con il papa e con il Vaticano, persuasi che l’Italia si governi solo cosí: facendosi strumenti tanto fedeli quanto informali dell’augusto inquilino d’Oltretevere.

Le vicende normative del crocifisso dopo la marcia su Roma sono un ingrediente di questa storia, ben piú vasta e ben piú grave che la storia materiale di un arredo ligneo. Lo scrupolo di una pattuglia di gerarchi del Fascio – non pochi dei quali avevano le mani sporche di sangue – nel colonizzare le pareti degli edifici pubblici con il simbolo sanguinolento della Passione costituisce un esempio (particolarmente impressionante, ove si pensi a quella confusione ematica) della funzione che l’ateismo devoto si è andato ritagliando nella storia d’Italia: volta a volta interpretato da protagonisti o da comprimari, statisti o caricature di statisti, opinionisti larger than life o in sedicesimo, si chiamassero Benito Mussolini o Palmiro Togliatti, Giovanni Gentile o Marcello Pera, Dario Lupi o Sandro Bondi, Curzio Malaparte o Giuliano Ferrara.

Luogo comune dell’ateismo devoto: la polemica contro il «laicismo». È questa una parola (al pari del suo termine derivato, «laicista») diffusa quasi soltanto in italiano; con l’eccezione del francese, le altre lingue si contentano di «laico» e di «laicità». In Italia, invece, si è avvertito da tempo il bisogno di distinguere mediante un -ismo con valenza peggiorativa – a designarne lo spirito fazionario – l’ideologia di quanti vogliono escludere totalmente la religione dalle materie di competenza pubblica. Secondo gli storici della lingua, la prima occorrenza del lemma risale all’anno 1863: all’immediato indomani di un’Unità realizzata dal regno di Sardegna in contrapposizione frontale con lo Stato pontificio, e all’immediata vigilia della pubblicazione di un Sillabo dove papa Pio IX provvedeva a elencare i «principali errori» dell’età sua. Da allora, un secolo e mezzo non è bastato per sciogliere i margini di equivoco inerenti alla distinzione fra laicismo e laicità. Fino al paradosso per cui uno strumento di reference in materia, il Grande dizionario italiano dell’uso di Tullio De Mauro, può oggi indicare quali sinonimi di «laicismo» sia «laicità» sia «anticlericalismo»: come se la tutela della sfera laica implicasse per definizione un’ostilità alla sfera clericale.

La storia non è acqua. E la storia d’Italia – merita ricordarlo, mentre rimbomba



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