Il grande Stefano by Edgar Wallace

Il grande Stefano by Edgar Wallace

autore:Edgar Wallace [Wallace, Edgar]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


13.

Il signor Ellenbury abitava in un grande e desolato edificio, denominato

Royalton House, già brutto e deprimente all'epoca della sua costruzione,

che sorgeva al centro di due acri di terreno e poteva vantare un rosaio, un

prato da criquet, un orto, una rudimentale serra e una fontana a zampilli, il

tutto contornato da statue di dubbio gusto raffiguranti famosi personaggi

mitologici.

Nel tempo libero il signor Ellenbury occupava abitualmente una stanza

dalla tappezzeria cupa alla quale la moglie e la servitù si riferivano come

"lo Studio" e "la Camera del Padrone". Tale locale era talmente ingombro

di mobili che restava solo lo spazio per mettersi a sedere e poco altro.

In quella sera di dicembre il signor Ellenbury se ne stava dietro la

scrivania a ribaltina, intento a mordicchiarsi pensosamente le unghie,

l'espressione preoccupata. Era un uomo invecchiato precocemente

nell'eterna lotta di far combaciare le sue modeste risorse con un'ambizione

illimitata. Per anni e anni aveva accarezzato l'idea di possedere una

scuderia di purosangue tutta sua, tale da far girare la testa all'intera

nazione, ma con i cavalli gli era andata male, come pure con la famiglia.

La signora Ellenbury era un'invalida. Nessun medico era mai riuscito a

scoprire la natura della sua malattia, nonostante molti specialisti si fossero

alternati al suo capezzale. Uno di questi le aveva posto anche delle

domande alquanto imbarazzanti. Nessuno dei suoi genitori aveva mai

Edgar Wallace

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1926 - Di Scherzi Si Muore

sofferto di allucinazioni o di forme di isterismo? La signora Ellenbury non

pensava che, sforzandosi, sarebbe stata in grado di alzarsi dal letto per,

diciamo, almeno mezz'ora al giorno?

La verità era che la signora in questione, avendo sperimentato nel corso

della sua vita la maggior parte delle sensazioni peculiari al genere umano,

avendo viaggiato e lavorato, diretto domestici, organizzato festini, fatto

visite, essendo andata a teatro, avendo giocato a criquet e a tennis, più o

meno vent'anni prima aveva deciso che nulla fosse più piacevole che

starsene tranquillamente a letto. Così era diventata un'invalida, si era

infilata fra le coltri e si era dedicata alla lettura.

In un certo senso il signor Ellenbury era contento di tale stato di cose.

Una volta sicuro che la moglie, per la quale nutriva un sentimento di

affettuosa amicizia, non soffriva alcun tipo di dolore, aveva trovato

conveniente tornare alla vita da scapolo. Ogni mattina e ogni sera (quando

rientrava a casa a un orario decente) passava nella sua stanza e chiedeva:

- Come andiamo oggi?

- Più o meno lo stesso... certamente non peggio.

- Bene! Desideri qualcosa?

- No, grazie... ho tutto.

Questo scambio di convenevoli variava leggermente di giorno in giorno,

ma più o meno si manteneva sempre su questa falsariga.

Ellenbury era tornato tardi dalla Rata dopo una giornata stressante. Di

solito dirigeva il Rata Syndicate dal suo ufficio; in effetti non era mai

apparso alla luce del sole nelle operazioni della compagnia. Ma questo

nuovo colpo di Harlow era su scala così gigantesca che doveva

assolutamente farsi vedere. Era una creatura di Harlow, il suo schiavo, e lo

odiava di un odio profondo quale nessuno avrebbe potuto sospettare in lui

vedendone il volto mite e avvizzito.

Per lui Stratford Harlow era l'incarnazione stessa del demonio in terra e

il suo sogno ricorrente e confuso era di vederlo umiliato: Harlow trascinato

in catene attraverso l'Arco della Vergogna, Harlow derubato dell'apoteosi

del trionfo.



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