Il papato e il processo ai templari by Barbara Frale

Il papato e il processo ai templari by Barbara Frale

autore:Barbara Frale
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: Religion, Christian Church, General
ISBN: 9788883340987
editore: Viella
pubblicato: 2003-05-14T22:00:00+00:00


Scelus apostasie nephandum

Sul piano del diritto canonico la posizione degli imputati era molto compromessa e di difficile definizione.

L’atto d’arresto fatto compilare da Filippo il Bello non esprimeva chiaramente la colpa precisa imputata ai Templari ma si limitava a denunciare il rinnegamento e l’oltraggio alla croce per poi chiamare in causa l’Inquisitore Guillaume de Paris: tutto il teorema accusatorio era costruito sulla base del sillogismo, ed anche in questo caso si descrivevano dei semplici fatti oggettivi ma accostati ad un contesto generale costruito appositamente per far scattare nella mente dell’osservatore un automatico meccanismo di associazione. L’atto del rinnegamento a parole e lo sputo sulla croce in se stessi avevano lo stesso valore di una bestemmia, ma ecco che se trasferiti alla competenza dell’Inquisitore venivano naturalmente coloriti di risvolti dottrinali negativi: visto che l’Inquisizione se ne stava occupando, era ovvio supporre che quei fatti possedessero anche un valore dogmatico.

L’eresia era il crimine che ricadeva sotto la giurisdizione del Tribunale, il quale rappresentava la porta d’accesso per l’intervento del potere laico, perciò nel teorema accusatorio si cercava in ogni modo di rappresentare le linee di un vero credo anticristiano, quasi un sistema coerente di convinzioni che i Templari avrebbero professato in segreto.

Nelle due bolle emesse da Clemente V nell’autunno 1307, cioè la Ad preclaras e la Pastoralis preminentie, il papa evitava volutamente di usare termini precisi che potessero in qualche modo definire giudiziariamente la colpa imputata ai Templari anche se l’arresto era scattato per intervento dell’Inquisitore: il pontefice non intendeva minimanente pronunciarsi prima d’aver appurato i fatti di persona, e pochi mesi dopo avrebbe ufficialmente dichiarato che quella maniera di aprire un procedimento così frettolosa e inaudita gli aveva subito ispirato il sospetto della frode.67

L’eresia era un crimine che richiedeva coerenza e costanza nel tempo perché consisteva nel professare un credo e praticare un modo di vita contrari ai dogmi della dottrina cristiana; inoltre non imponeva affatto un abbandono totale della fede, bensì un allontanamento progressivo realizzato con l’adesione ad alcuni assunti eterodossi: un eretico poteva ben credere ad una parte dei dogmi cattolici e rifiutarne altri.68 Gli avvocati di Filippo il Bello erano troppo abili per imbastire il loro teorema accusando espressamente i Templari di essere eretici in questa prima fase, poiché le chiese dell’ordine erano frequentate dal popolo che andava abitualmente a messa presso le cappelle delle loro commende. Sarebbe invece stato più credibile gettare sui Templari l’ombra del sospetto, che l’intervento dell’Inquisizione avrebbe quasi automaticamente provveduto a trasformare in una colpa.

A Poitiers il papa e i suoi collaboratori avevano appurato che l’errore effettivo dei Templari era sensibilmente diverso dall’eresia: si trattava infatti di una "caduta" momentanea, fra l’altro compiuta sotto la pressione delle minacce, che veniva poi riscattata con la confessione sacramentale e la penitenza imposta dal cappellano. A parte la scena abominevole del rinnegamento di Cristo e dello sputo sulla croce, dinanzi alla conferma della quale Clemente V non poté restare troppo freddo, per tutto il resto i Templari vivevano in maniera perfettamente ortodossa secondo gli usi liturgici prescritti



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