Il Patto Con Il Vampiro by Jeanne Kalogridis

Il Patto Con Il Vampiro by Jeanne Kalogridis

autore:Jeanne Kalogridis [Kalogridis, Jeanne]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-07-24T20:42:33.236888+00:00


Il diario di Arkady Tsepesh

15 aprile. È molto tardi, e Mary è già addormentata. Ho acceso un fuoco nel salotto ovest e, mentre scrivo, guardo le fiamme. Due volte mi sono alzato e ho cercato di gettare nelle fiamme la lettera dettata da V.; per due volte mi sono scoperto incapace di farlo, afferrato da quel dolore alla testa oramai familiare seguito dalla sensazione che, bruciando quel documento segretamente e disonestamente, avrei, di fatto, gettato nelle fiamme i miei obblighi familiari.

Io sono un uomo onesto. Disprezzo l'inganno, ma non vedo alternativa se devo fare contento V. e ottenere che giustizia sia fatta. Né so, con esattezza, cosa dire a Mary; lei sembra così felice, così sollevata alla prospettiva di andare a Vienna. Confesso che provo lo stesso sentimento. Ma ora quella porta è chiusa, a meno che non sfidi apertamente i desideri dello zio. A meno che non rompa per sempre con la famiglia.

Per quanto io ami lo zio, per quanto mi senta in debito verso di lui, riesco appena a sopportare, adesso, di camminare all'interno delle mura del castello. La mia tormentata agitazione non percepisce più una grande e avita casa di pietra, ma un antico mostro ghignante, in attesa di divorarmi: ogni volta che entro, le taglienti punte di metallo della grande porta diventano delle zanne affilate come rasoi, la soglia delle fauci spalancate, gli oscuri e soffocanti corridoi un lungo esofago.

Quando, questa sera al tramonto, ho oltrepassato quelle mascelle affamate, con la pistola di papà alla cintura come protezione, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era Jeffries. Dove aveva incontrato il suo destino? Nelle camere degli ospiti? Nella zona dei domestici? O era stato fatto sparire all'esterno, per essere scorticato vivo negli oscuri recessi della inquietante foresta?

Entrai osservando le mura, i pavimenti, il mobilio, in cerca di sangue. Mentre salivo le scale, immaginai la testa di Jeffries, che scendeva rimbalzando per tutta la loro lunghezza, per arrivare fino a me.

«Voi siete un Impalatore vero? Uno degli uomini-lupo?»

Lentamente salii le scale e mi feci strada verso l'ufficio di papà, lottando contro un ritorno del delirio che mi aveva posseduto nella foresta cosparsa di crani. Non lavorai: non potevo. Né mi permisi di pensare, poiché ciò mi sembrò un pericoloso passatempo. Mi limitai a sedere sulla sedia di papà e lottai contro quel freddo terrore che minacciava di sopraffarmi, lottai per mantenere la ragione e, quando ebbi un vago grado di controllo, mi alzai e mi diressi verso lo studio dello zio.

Bussai e, quando V. rispose, entrai.

Tutto aveva lo stesso aspetto di prima. Lo zio sedeva nella sua sedia davanti a un fuoco vivo, che rendeva la stanza calda e accogliente. Lo slivovitz non era ancora stato toccato, ed era sempre sul tavolino, nella caraffa di cristallo lavorato, in cui ogni sfaccettatura tremava per la luce del fuoco. Soltanto V. ed io eravamo cambiati: lui aveva perso vent'anni; io li avevo acquistati.

Impossibile! Impossibile: sto proprio impazzendo!

«Arkady!», disse con calore, voltandosi verso di me con un sorriso, che scomparve all'improvviso e fu sostituito da un'espressione di preoccupazione.



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