Il revisionista by Giampaolo Pansa

Il revisionista by Giampaolo Pansa

autore:Giampaolo Pansa [Pansa, Giampaolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2010-12-14T23:00:00+00:00


Quello offerto a Quaranta era un ricordino soffice, da chierico della nuova chiesa rossa. In realtà, il direttore dell’“Unità”, Davide Lajolo, che firmava i corsivi “Ulisse”, non risparmiava colpi a Emme. E così il minuetto diventava una danza assai più dura.

Ulisse accusava Melloni di “nascondere subdolamente la verità” e di far l’elogio delle “pie bastonate” di Scelba agli operai. Il 23 gennaio 1948, una grande foto di scontri con la Celere venne dedicata a Emme. La dedica era un consiglio sferzante al mondano Melloni: “Lasci le vetrine degli antiquari e dia un’occhiata qui: è interessante. Tenera creatura, guardi questo squisito trattamento riservato ai lavoratori”.

Il 1948 fu anno di guerra politica. Ormai direttore del “Popolo”, Melloni si trovò in prima fila nella battaglia con il Fronte popolare. Insieme al prefetto Ciotola e al questore Agnesina fu lui a ricevere De Gasperi, in visita a Milano il 18 marzo. Il 5 aprile, sul palcoscenico del Teatro Lirico, presentò Scelba ai democristiani milanesi.

Il 13 aprile fu al fianco di De Gasperi nel grande comizio in piazza Duomo. Mentre il professor Vincenzo Sangalli, segretario provinciale della Dc, arringava la folla con il grido di Alberto da Giussano: “Venne il dì nostro, milanesi, e vincere bisogna!”.

Il sabato 17 aprile, Melloni preparò per “Il Popolo” un titolo a nove colonne: “È giunto il momento supremo. Vota per una patria libera e cristiana”. Nell’articolo avvertì che, se avessero vinto i comunisti del Fronte, “l’Italia sarebbe stata asservita all’Unione Sovietica e trascinata nelle avventure guerriere di questo nuovo Islam mongolico”.

Vinse la Dc e Melloni fu eletto deputato. Un testimone poi lo ricordò fra i più devoti alla messa di ringraziamento celebrata dalla Dc a Roma, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva: «Fra le candele e le lampade votive, splendeva il cranio lucido di Melloni, piegato nel raccoglimento della preghiera».

Sull’ingresso di Melloni alla Camera corse subito una leggenda. Si disse che era stato De Gasperi a volerlo deputato. Nella speranza che Emme, il solo democristiano spiritoso sulla faccia della terra, fosse in grado di replicare alle battute al vetriolo di Giancarlo Pajetta. Ma non ho trovato traccia di duelli fra Emme e “Nullo”, poi diventati compagni affettuosi nel Partitone Rosso.

Il destino del cinquantenne Melloni sembrava ormai confinato sui banchi democristiani di Montecitorio. Poi la grande storia ci mise lo zampino. Eravamo alla fine del 1954. La Camera stava discutendo la ratifica del trattato dell’Unione europea occidentale che prevedeva una parziale integrazione militare dell’Europa. Questa faccenda delle forze armate europee non piaceva per niente a Melloni. E lui, a titolo personale, s’era già pronunciato contro la Comunità europea di difesa.

Il 17 dicembre Melloni presentò un emendamento per rimandare di tre mesi la ratifica del trattato. Moro, presidente dei deputati democristiani, lo giudicò un atto grave di indisciplina. Emme e un deputato dicì che la pensava come lui, Ugo Bartesaghi, eletto a Lecco, vennero sospesi dal gruppo e deferiti alla direzione del partito.

Ma Melloni decise di insistere. Il 23 dicembre 1954 festeggiò in anticipo il Natale illustrando alla Camera il suo emendamento.



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