Il taglio. Linguaggio e pulsione di morte by Felice Cimatti

Il taglio. Linguaggio e pulsione di morte by Felice Cimatti

autore:Felice Cimatti
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Psicologia,
ISBN: 978-88-7462-731-8
editore: Quodlibet
pubblicato: 2015-01-14T16:00:00+00:00


3. Il grido nel deserto

Ma quanto riguarda, questo tipo di prassi, i privati pensieri sul “rosso” del nostro amico? Può darsi pure che quando parla con noi si attenga alle norme della comunità, ma nel suo “intimo” segua poi regole del tutto diverse, affatto incomprensibili per chiunque non sia lui. È proprio questo che la tesi di Wander contesta, che qualcosa del genere possa accadere realmente. Prendiamo sul serio quest’ipotesi. Immaginiamo che il nostro bizzarro amico abbia un suo sistema di notazione esclusivamente mentale, che non trascrive su un quaderno perché non vuole che qualcuno lo possa scoprire, in cui ad ogni esperienza corrisponde una parola determinata: ad esempio usa il “segno mentale” “s” per la sensazione che prova quando si sorseggia un buon caffè. Qui sorge subito un problema, evidentemente, perché «nell’uso della parola “significato” è essenziale che lo stesso significato sia mantenuto per tutto il gioco» (Ivi, p. 38). Proprio quello che non succede in questo caso, perché come farà il nostro amico a decidere se l’aroma del caffè che assaggia in questo momento è lo stesso di quello che ha assaggiato quando lo ha privatamente battezzato con il segno “s”? «“Ma definendo ostensivamente una parola per me stesso, imprimo su di me il suo significato così da non dimenticarla in seguito”. Ma come sai che questo serve? In seguito sai se la ricordi o no correttamente?» (Ibidem). Un sistema di notazione privato per i propri stati interni - pensieri, sensazioni, ricordi, emozioni - non dà alcuna garanzia di poter essere usato in modo sensato, perché non c’è alcuna possibilità di sapere, privatamente, se i segni vengono usati in modo corretto o scorretto: «Sei certo di chiamare “mal di denti” sempre la stessa esperienza privata?» (Ibidem). In realtà il sistema di notazione privato è completamente inutilizzabile: «La riconosco come la stessa». E riconosci anche il significato della parola stessa, così da essere sicuro che «riconoscerla come la stessa» significa per te ora lo stesso che in passato?» (Ibidem). In realtà il nostro amico non dispone di alcun mezzo per decidere con sicurezza che può usare i suoi segni privati in un modo attendibile nel tempo; ma allora, in che modo potrà essere sicuro di riconoscere ogni volta lo stesso stato interno, lo stesso pensiero, lo stesso ricordo? Torniamo all’esempio del meccanico: “Cos’è una marmitta? Questo oggetto qui, me l’ha confermato il mio istruttore”, qui la stabilità dell’oggetto nella nostra comunità è garantita dal riconoscimento pubblico. Ma come fare quando questo riconoscimento è precluso in modo radicale? Certo, forse l’aroma del caffè è proprio lo stesso dell’altra volta, ma forse no, forse mi sbaglio, però forse no. Come fissare l’identità di uno stato interno nella varietà di tempi e luoghi in cui posso incontrarlo, se nessuno, fuori di me, può aiutarmi a riconoscerlo? Il problema qui è che quando abbandoniamo il campo pubblicamente accessibile cambia completamente la nozione di esperienza (ma è proprio quello che il luogo comune dell’interiorità non fa, con il risultato di non comprendere affatto la



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