Il trono di Cesare. Silenzi e bugie (Italian Edition) by Harry Sidebottom

Il trono di Cesare. Silenzi e bugie (Italian Edition) by Harry Sidebottom

autore:Harry Sidebottom [Sidebottom, Harry]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Historical, Fiction
ISBN: 9788854170469
Google: GCOhBAAAQBAJ
Amazon: B01NBBZORE
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2016-12-23T00:00:00+00:00


CAPITOLO 18

Africa proconsolare. Oltre la frontiera

Due giorni prima delle Idi di gennaio, 236 d.C.

Come ultimo avamposto della civiltà, Tisavar era insignificante. Situata su una bassa altura, le pietre irregolari delle sue mura erano dello stesso colore delle dune di sabbia circostanti. Era più un fortino che una fortezza. Man mano che si avvicinava, Gordiano stimò che non fosse più grande di quaranta passi per trenta. Ciononostante, la colonna avrebbe apprezzato la sosta.

Gordiano era giunto da Cartagine con il questore Menofilo e i legati Sabiniano e Arriano. Ciascuno aveva portato con sé un solo servitore. Il principe ostaggio Mirzi era accompagnato da sei guerrieri di suo padre. A Tacape, sulla costa, Emilio Severino li aveva aspettati con duecento speculatores. Dopo un giorno di marcia verso sud avevano incontrato presso la piccola città di Martae un centinaio di uomini della Terza legione Augusta, al comando di un centurione di nome Veritto. Da lì, per tre giorni, avevano seguito la pista bianca che si snodava tra le montagne color ocra verso ovest. Scendendo, erano andati in direzione sud-est attraverso una piatta distesa pietrosa. Due giorni dopo, a Centenarium Tibubuci, un piccolo avamposto nel mezzo del nulla, avevano raccolto duecento ausiliari della Seconda coorte Flavia Afrorum. Come ordinato, il loro prefetto, Lido, aveva portato approvvigionamenti, rampini e corde, il materiale per costruire scale estensibili e i carri merci leggeri per trasportarle. Altri due giorni in direzione sud, e poi ovest, li avevano portati a Tisavar.

Era stata una dura marcia su strade sterrate, ma probabilmente era nulla in confronto a quello che li aspettava. Dov’erano diretti non c’erano strade. Gordiano prese accordi con il centurione preposto a Tisavar. Voleva che gli uomini stessero più comodi possibile. C’erano ventotto piccole stanze addossate alle mura del forte. Erano affollate di soldati, così come il minuscolo quartier generale nel cortile. Gli ufficiali avrebbero alloggiato insieme nel santuario. Le stalle all’esterno delle difese furono liberate dagli animali e ripulite: altri uomini trovarono posto lì. Anche così, più di metà della spedizione avrebbe dovuto accamparsi all’aperto.

Portarono fuori cibo, vino e legna da ardere. Gordiano si assicurò che le truppe avessero un pasto caldo e ordinò una doppia razione di vino. Naturalmente gli uomini avrebbero bevuto più del consentito – avevano sempre le proprie scorte – ma il giorno dopo avrebbero smaltito i postumi sudando.

Per avere un po’ di riservatezza, Gordiano e i suoi ufficiali uscirono nella notte del deserto. Faceva molto freddo, le stelle erano brillanti.

«Gli uomini della Seconda coorte brontolano». L’alito di Menofilo si condensò nell’aria rigida. «Non volevano uscire dai quartieri invernali. Non per marciare nove giorni in un enorme cerchio. Dicono che il villaggio è a soli due giorni, tre al massimo, dalla loro base a Tillibari».

«Ho già spiegato che quella manovra avrebbe messo in allarme il nemico», disse Lido. «I briganti non si aspetterebbero mai un attacco dal deserto, da ovest. E sarà inverno quando li sorprenderemo tutti quanti nella loro tana con il bottino».

«Non significa niente se i soldati brontolano», disse Gordiano. «Sono fatti così».

Rimasero in silenzio per un po’.



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