In fuga da te by Jennifer L. Armentrout

In fuga da te by Jennifer L. Armentrout

autore:Jennifer L. Armentrout [Armentrout, Jennifer L.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Casa Editrice Nord
pubblicato: 2018-10-03T22:00:00+00:00


19

Il mezzo di trasporto era stato un colpo di genio: un furgoncino da fioraio che, al posto dei fiori, aveva una panca lungo una fiancata e delle catene fissate sull’altra.

Era un furgoncino da sequestro in piena regola.

Kalen e Dane sedevano davanti. Faye rimase nel retro per timore di essere riconosciuta; non sapevamo se ai cancelli avremmo trovato dei fae, né se l’avrebbero smascherata all’istante. Il punto era che, se i varchi erano presidiati da fae, avrebbero percepito subito la natura di Dane e Kalen. Il furgoncino serviva a non attirare l’attenzione lungo la strada, ma non ci avrebbe aiutato a superare i controlli.

Uscire dell’hotel dei fae buoni fu… Oddio, esprimerlo a parole era complicato, ma per me non fu facile. Mentre Faye e gli altri avevano superato le mura di cinta come niente fosse, il mio stomaco si era contorto come un covo di vipere. Gli altri chiacchieravano tranquilli, io invece mi ero bloccata nel varco. I miei piedi non volevano saperne di muoversi.

Ren mi aveva posato una mano sulla schiena. Non aveva detto niente, però doveva aver percepito la mia diffidenza. Me l’aveva letta in faccia, con ogni probabilità. Con lui al mio fianco, ero riuscita ad abbandonare la protezione del cortile e presto mi ero accorta che faceva più caldo dell’ultima volta in cui ero stata fuori. Temperature più normali per un ottobre di New Orleans.

Uscire dal cortile dell’hotel e tornare alla realtà che esisteva oltre il glamour era stato strano. Per quanto sapessi che Drake e i suoi tirapiedi erano lontani, mi aspettavo che si sarebbero materializzati dal nulla.

Ma non accadde.

Da una parte, continuavo ad aspettarmi che fosse una trappola, che il principe sarebbe apparso all’improvviso, annunciando che si era preso gioco di noi; dall’altra, avrei voluto correre a perdifiato per la città, respirarne gli odori, quelli buoni e quelli cattivi.

Per l’ultima parte non ci fu tempo, come non ce ne fu per metabolizzare l’idea di essere… libera.

«Ci avviciniamo ai controlli.» Kalen si voltò per guardarci attraverso la finestrella che ci separava dall’abitacolo del furgoncino.

Accanto a me, Ren annuì. «Ricevuto.»

Il fae chiuse la finestrella e io espirai, strofinandomi le ginocchia coperte dai pantaloni militari.

«Nervosa?» chiese Ren.

Stavo per dire di no, poi annuii. «Un po’. Ne è passato, di tempo, dall’ultima volta che ho messo pantaloni come questi.»

Lui mi squadrò da capo a piedi. «Ti stanno benissimo.»

«Grazie.» Sorrisi. In verità, mi stavano più larghi del dovuto, ma indossarli era stata una bella sensazione.

Quando il furgone si fermò, mi zittii. Detestavo non riuscire a vedere niente, ed entrambi entrammo in allerta. Lui posò la mano sul pugnale di ferro che teneva alla cintura, io su quello che avevo assicurato alla coscia. Sapevo che Ren nascondeva il paletto di spino di Giuda in uno scarponcino.

Sentimmo la voce di Dane. «Buongiorno. Abbiamo una consegna per…»

«Che diavolo significa?» esclamò una voce sconosciuta.

Merda.

Ren sganciò il pugnale nell’istante in cui sentimmo il rumore di una portiera che si apriva, cui seguì un grugnito di dolore. Qualcuno imprecò, poi calò il silenzio.

Ci scambiammo un’occhiata, consapevoli che poteva significare due cose, una delle quali molto brutta.



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