Introduzione alla psicologia analitica. Cinque conferenze by Carl Gustav Jung

Introduzione alla psicologia analitica. Cinque conferenze by Carl Gustav Jung

autore:Carl Gustav Jung [Jung, Carl Gustav]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2021-07-15T22:00:00+00:00


Quarta conferenza

Presidente (Emanuel Miller)

Poiché non voglio sottrarvi il tempo del professor Jung, mi limiterò a esprimere la mia soddisfazione per l’occasione che mi si offre di presiedere questa serata. Purtroppo, però, non ho potuto assistere alle precedenti conferenze e non so a quali profondità dell’inconscio vi abbia già pilotato il professor Jung. Penso comunque che questa sera continuerà a illustrare il suo metodo di analisi dei sogni.

C. G. Jung

L’interpretazione di un sogno profondo, come l’ultimo di cui abbiamo parlato, non può mai limitarsi alla sfera personale. Il sogno contiene un’immagine archetipica, il che denota sempre che la situazione psichica del sognatore si protende oltre lo strato puramente personale dell’inconscio. Il suo problema non è più soltanto personale, ma riguarda l’umanità in generale, come indica il simbolo del mostro. Questo simbolo si ricollega al mito dell’eroe, e anche l’associazione alla battaglia di St Jakob, che risulta dalla localizzazione della scena, rievoca un elemento di interesse generale.

La capacità di applicare un punto di vista generale ha grande importanza terapeutica. La terapia moderna non ne tiene gran conto, mentre la medicina antica sapeva bene che innalzare la malattia personale a un livello superiore, più impersonale aveva un effetto curativo. Nell’antico Egitto, per esempio, quando un uomo era morso da un serpente, veniva chiamato il sacerdote-guaritore, il quale prendeva dalla biblioteca del tempio il manoscritto sul mito di Ra e di sua madre Iside, e lo recitava. Iside aveva foggiato un serpente velenoso, che aveva sepolto nella sabbia; il dio Ra camminò sopra il serpente che lo morse. Correva il rischio di morire in preda a terribili sofferenze, ma gli dèi consentirono a Iside di inventare un sortilegio che liberò suo figlio dal veleno.1 Il rito si fondava sull’idea che il racconto avrebbe talmente colpito il paziente da farlo guarire. Per noi tutto ciò è pura utopia. Non potremmo mai contemplare la possibilità che la lettura di una favola dei fratelli Grimm, per esempio, possa far guarire dal tifo o dalla polmonite, perché teniamo conto soltanto della nostra moderna psicologia razionale. Per capire l’effetto di un tale rito, dovremo prendere in considerazione la psicologia degli antichi egizi, che era piuttosto diversa dalla nostra. E tuttavia non erano poi così diversi. Perfino in noi certe cose possono operare miracoli: talvolta un conforto spirituale o un influsso psicologico bastano per far guarire una persona o perlomeno contribuiscono a farle superare la malattia. E naturalmente ciò vale ancor più per chi vive a un livello più primitivo ed è dotato di una psicologia più arcaica.

In Oriente la terapia pratica si fonda prevalentemente sul principio di elevare il disturbo personale al livello di una situazione di significato generale e anche l’antica medicina greca operava con lo stesso metodo. Naturalmente l’immagine collettiva o la sua applicazione devono essere in sintonia con la particolare condizione psicologica del paziente. Il mito o la leggenda emergono dal materiale archetipico costellato dalla malattia. Per ottenere un effetto psicologico occorre che il paziente si possa mettere in rapporto con il generale significato umano della sua particolare situazione.



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