Jack Williamson - Gli Umanoidi (The Humanoids, 1948, 1949) by Jack Williamson

Jack Williamson - Gli Umanoidi (The Humanoids, 1948, 1949) by Jack Williamson

autore:Jack Williamson [Williamson, Jack]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


17

Il dinosauro divoratore di montagne sobbalzava sul terreno ineguale; le enormi lame forbite si allargarono mentre scendeva minaccioso facendo scintillare i crudeli denti di metallo delle sue mascelle.

«Oh, signor White» implorava Jane Carter, disperata. «Per favore, signor Overstreet, per favore, mi dica quello che devo fare... Non so come fermarlo... non vedo nessun coso nero...»

Forester si fermò un istante, aspettando che quegli uomini nascosti in una caverna lontana facessero arrestare la macchina, ma fu un'attesa inutile. Prese allora per mano la bambina e corse verso il laboratorio. Il mostro di metallo deviò istantaneamente per tagliare loro la strada. Lo scienziato fece un salto indietro e quello cambiò rotta seguendo la sua mossa, allora piegò a destra e la macchina tentò di tenergli dietro, ma slittò sul terreno accidentato finendo in un valloncello, ed egli, per il momento, fu salvo.

La macchina si era quasi sepolta sotto una nuvola di polvere giallastra e di rocce cadute, e l'edificio del laboratorio era a portata di mano, a poca distanza dall'escavatore. Forester vi si diresse, ma un ciottolo, rotolando, lo fece inciampare e cadere sulle ginocchia. Intanto che si rialzava, la macchina ebbe tempo di risalire dall'avvallamento e raggiungerlo; l'uomo piegò a sinistra, ed ecco che si trovò ancora una volta tagliata la strada.

«Non possono fermarla?» chiese ansando alla bambina. «Non puoi mettere fuori combattimento l'umanoide che la manovra?»

«Non c'è nessun umanoide, dentro» gli rispose lei con fievole bisbiglio «il signor White dice che è direttamente azionata dal cervello meccanico di Wing IV, e che non c'è nessun coso nero che io possa fermare.»

L'escavatore procedeva ora su terreno pianeggiante, con maggiore facilità di manovra, tentando di allontanare dall'edificio Forester, che aveva preso Jane fra le braccia, come se fosse stato un animale spaventato, e forzandolo a percorrere una stretta striscia di terra tra il nuovo argine e il bordo dell'altipiano.

«Signor White!» implorava freneticamente Jane. «Per piacere... aiuto!»

Ma nulla arrestò la valanga di metallo. Forester cercò di arrampicarsi sull'erto declivio dell'argine, ma scivolò in un rotolio di terriccio, accecato dal polverone e tutto graffiato dalle pietre. La bambina che stringeva fra le braccia pesava come se fosse di piombo, ma riuscì a tenerla salda ugualmente, tentando di dirigersi verso il punto in cui l'argine toccava il bordo del dirupo. Era con le spalle al muro, e non vedeva vie d'uscita.

«Salga!» gridò Jane. «Il signor White dice di salire!»

Voltatosi, Forester cercò nuovamente di arrampicarsi sul mucchio di detriti. Per qualche metro il terreno lo resse, poi i detriti slittarono nuovamente sotto i suoi piedi. Mentre cadeva, riuscì a girarsi su se stesso, in modo da non cadere sulla bambina, ma l'urto contro le pietre gli tolse il fiato. Il dolore lo accecò per un istante, e piedi e mani, con cui cercava disperatamente di tenersi, incontrarono soltanto pietre smosse, che scivolavano e lo portavano verso la macchina, la quale, uscendo con un forte muggito dalla nube di polvere, alzava le grandi lame per schiacciarli o per gettarli nel precipizio. Forester cercò di allontanare Jane Carter dal percorso della macchina, ma lo sforzo compiuto gli aveva tolto ogni energia.



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