La falce - Punizione - L'enigma by Edoardo Calandra

La falce - Punizione - L'enigma by Edoardo Calandra

autore:Edoardo Calandra [Calandra, Edoardo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction
Google: nRRbAAAAQAAJ
editore: Librorium
pubblicato: 1902-07-15T13:15:23+00:00


— Basta — disse Roberto, — la malattia è superata, presto entrerete in convalescenza...

— Dica in agonia.

— Andiamo, non dite fandonie!

— Ma non me ne importa niente... Oggi a me, domani a te.

Tomatis si riscosse, si riavvicinò prestamente.

— Niente, niente — proseguì il segretario. — Non parlo con voi, parlo col signor Duc. Dicevo?... Ah sì! Dicevo che son bell’e andato. Pazienza!... Facevo il mio bravo conto di vivere ancora qualche annetto, e invece... Facevo il conto senza l’oste, ecco tutto.

Parve colpito dal suono delle ultime parole che gli erano uscite di bocca, guardò con faccia curiosa alle facce degli altri, strizzò l’occhio e susurrò:

— Non parlo mica di Baino...

— Zitto! — interruppe Tomatis angustiato. — Siamo alle solite! Non cominciate a snocciolare scioccherie. Vi potrebbe tornar l’agitazione.

— Che ore sono?

— Cosa v’importa dell’ora? State buono, state quieto...

— Avete un bel dire voi che siete lì, sano come un pesce. Ma... oggi a me, domani a te. Con certe cose non bisogna scherzare. Non scherzar coll’orso, se non vuoi esser morso. Non scherzar con la morte, se non vuoi... se non vuoi... se non vuoi...

Tomatis si voltò a Roberto e gli fece un cenno che voleva dire: — Su, da bravo, mi aiuti un pochino. — Poi esclamò: — A proposito! Non ve l’ho ancor detto? Sor Roberto è stato in montagna.

— In montagna? — ripetè il malato, corrugando la fronte, quasi ignorasse il significato di questa parola. — Perchè in montagna?

— Per divertimento, per mutar aria, non è vero, sor Roberto? Dica cos’ha fatto. Dica dov’è stato.

E Roberto prese a raccontare pianamente la sua gita nella fresca e amena valle della Baraschia; interrotto a ogni poco dal buon Tomatis, che domandava schiarimenti sulle strade, sui villaggi, sugli alberghi, e soggiungeva con studiato entusiasmo:

— Per bacco! Se le strade sono comode, se gli alberghi son buoni, ci voglio andare anche io. Ohe, Galosso, volete che ci andiamo insieme? Vi pago il viaggio... Non tutto, eh, perchè non posso. L’andata, ecco; al ritorno ci penserete voi.

Galosso non rispondeva, ma atteggiava la bocca al sorriso; un sorriso non accompagnato da alcun’altra dimostrazione di letizia, e perciò stranamente gelido e sinistro. Dopo un poco cominciò ad accendersi in viso, a rabbruscarsi, a rabbrividire; a un tratto sobbalzò e si rizzò a sedere sul letto.

— Fermo! — gridò Tomatis. — Cosa c’è adesso? No, no, bisogna star caldo, vedere di non scoprirsi... Tornate sotto, da bravo.

Il malato si mirò dattorno lungamente, smarritamente, poi lasciò ricader la testa sul guanciale e sospirò:

— Ah! me lo creda, signor Duc, sto male, molto male.

— Coraggio! — susurrò Roberto. — Domani andrà meglio.

— Domani, domani, domani!... Intanto oggi tocca a me!... Però l’è dura, alla mia età... Poco fa era qui il parroco... Una predica coi fiocchi: — Bisogna rassegnarsi ai voleri di Dio. Questo in cui viviamo è un gran mondaccio, una valle di lagrime. Ah il paradiso! Oh il paradiso! Uh il paradiso! — L’ho lasciato dire e dire e dire, poi gli ho fatta una domanda, ma una domanda!.



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