La legge by Roger Vailland

La legge by Roger Vailland

autore:Roger Vailland [Vailland, Roger]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


Francesco è giunto per primo sulla spiaggetta, in fondo alla insenatura. Il letto del torrente finisce bruscamente; bisogna scendere per gli ultimi cento metri col viso rivolto alla montagna, scegliendo attentamente dove posare i piedi, come sui pioli di una scaletta, aggrappandosi alle sporgenze degli scogli e ai cespugli di capperi. Ha borbottato: «Non sono un alpinista»; ha avuto un sorriso maligno pensando che anche donna Lucrezia dovrà passare di lí; poi ha rimproverato a sé stesso quella malignità, indegna del suo amore.

Una spiaggetta, cinquanta passi di lunghezza, quindici passi di larghezza. Quando si va in barca lungo la costa, bisogna sapere che è lí per poterla scorgere, esile striscia di sabbia bianca, schiacciata contro la scogliera, in fondo all’insenatura.

L’apertura della grotta è enorme rispetto all’estensione della spiaggia. Occupa tutto il fianco dell’insenatura, alle spalle del trabucco. È come la bocca della scogliera, una gola spalancata.

Dalla spiaggia, Francesco ha l’impressione di cogliere con un solo sguardo tutto l’interno della grotta. Ne conosce di molto piú segrete. Pensa che Lucrezia ha mancato di buon senso scegliendo quella gola aperta a tutti gli sguardi. Una barca potrebbe avvicinarsi alla costa.

Soltanto quando è penetrato nella grotta distingue nuove profondità, voragini d’ombra. Bisogna prima che gli occhi si abituino all’oscurità.

Il terreno è ineguale, scosceso sulla sinistra, con sporgenze, ripiani, punte e balze vagamente rischiarate da un barlume che sembra scaturire dalla roccia. Verso destra, invece, il terreno si sprofonda, scoprendo una seconda caverna, profondamente incavata nelle viscere del promontorio, chiusa verso l’alto da una cupola di rocce caotiche la cui sommità si perde nella notte; piú lontano si indovina l’apertura di una terza caverna, in fondo a una trincea scavata dagli archeologhi toscani.

Dal fondo della prima caverna Francesco si gira verso la luce. L’apertura dentellata incornicia l’intera baia, immersa in una specie di bruma per il riverbero del sole, l’istmo, gli uliveti di don Cesare, le terrazze bianche di Porto Manacore sovrastate dal santuario di Sant’Orsola d’Uria, la spiaggia, i giardini di aranci e di limoni. Da quella bruma di calore sorgerà donna Lucrezia.

Fa freddo nella grotta. Il terreno è umido, malsicuro sotto il piede. Un odore equivoco trasuda dalle pareti.

Francesco è attratto verso sinistra da un barlume che sembra scaturire dalla roccia. Si arrampica fra punte, rientranze e sporgenze, fino a un ripiano, una minuscola mensola. Scopre allora un foro nella parete rocciosa; di lí viene la luce.

Da quell’apertura, a sinistra, in fondo alla grotta, un po’ piú alto del livello del mare, vede il trabucco. A due o trecento metri da lui. Vede dal di sotto il ventaglio di pertiche spiegato sul mare e tutto il meccanismo di cavi, di corde e di fili. L’uomo di vedetta si regge in piedi a metà della pertica centrale, con le braccia appoggiate in croce sulla corda di sostegno, a testa china in avanti, attento a tutto quel che succede nelle profondità sottomarine.

Accovacciati sull’impalcatura di assi che cinge gli scogli della punta, i due mozzi scrutano anch’essi il fondo del mare.

Il resto dell’equipaggio è in piedi accanto ai verricelli, in stato di allarme.



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