La moglie olandese by Ellen Keith

La moglie olandese by Ellen Keith

autore:Ellen Keith [Keith, Ellen]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Historical, General
ISBN: 9788822729231
Google: Q3WGDwAAQBAJ
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2019-04-02T00:41:10+00:00


Capitolo 15

Luciano

15 maggio 1977

Buenos Aires

Luciano era nel seminterrato in attesa di mettersi in fila per l’ufficio documentazione. Il Falco lo chiamò: «Numero cinque-sette-quattro, vieni avanti».

Nello spostarsi di lato, il cuore di Luciano iniziò a battere come le ali di un colibrì in gabbia. Una porta all’altra estremità del seminterrato iniziò a cigolare, e lui per poco non se la fece sotto pensando ad altre torture.

«Tre-quattro-uno, vieni avanti anche tu».

Gabriel si posizionò dietro di lui. Rimasero in attesa mentre gli altri lavoratori entravano nelle rispettive stanze. Luciano riusciva a sentire i denti di Gabriel battere nervosamente. Strizzò gli occhi per cercare di vedere attraverso il cappuccio cosa stava facendo il Falco. Questi lo prese per il gomito e lo condusse avanti. Gabriel faticava a tenere il passo. Attraversarono il seminterrato e si fermarono più avanti. Il Falco li condusse dentro una stanza, aprì le manette e gli ordinò di togliersi i cappucci.

«Cinque-sette-quattro, ti sono stati assegnati questi nuovi fascicoli». Posò un faldone sulla scrivania. «Tre-quattro-uno, mostragli come fare».

Luciano sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco la stanza. Era un ambiente più piccolo rispetto all’ufficio documentazione, con un’unica scrivania e una parete di schedari metallici. Nel corridoio, qualcuno protestava urlando. Il Falco camminò a grandi passi verso la porta per controllare cosa stesse succedendo. Si guardò indietro, ma si fermò solo un secondo prima di sparire.

Luciano e Gabriel non parlarono. Ascoltavano, aspettavano. Visto che il Falco non tornava, Gabriel si avvicinò al faldone e lo aprì. Era la prima volta che Luciano si ritrovava senza supervisore per più di un minuto, con l’opportunità di parlare apertamente con Gabriel, studiare l’amico dalla testa ai piedi. Era appropriato chiamarlo amico, dopo ciò che aveva fatto per trovargli un lavoro come traduttore, ma conoscevano talmente poco l’uno dell’altro. Quando Gabriel prese il primo fascicolo e cominciò a leggere, Luciano notò quanto fossero lunghe le sue ciglia. Riccioli scuri sbucavano dietro le orecchie, mentre altri gli ricadevano sciolti sulla fronte, come pensieri in fuga. Il colletto della camicia sbottonato lasciava intravedere il triangolo di un petto quasi del tutto glabro, e Luciano si chiese se da qualche parte, là fuori, non ci fosse un amore a sospirare per lui, una ragazza a cui piacesse far danzare la lingua sopra i contorni della sua pelle.

Gabriel alzò gli occhi e incrociò quelli di Luciano. Abbassarono tutti e due lo sguardo. Luciano toccò con le dita i segni che aveva sulle braccia, le cicatrici della Macchina, pronte a rammentargli che aveva un lavoro da fare.

«Mi hanno fatto mettere in ordine questi fascicoli appena sono arrivato qui», borbottò Gabriel, così Luciano andò alla scrivania per mettersi vicino a lui. Da fuori giunsero urla di rabbia e un tonfo fragoroso.

«Credi che tornerà?», domandò Luciano.

Gabriel si morse il labbro e lanciò uno sguardo alla porta. «Direi tra non più di dieci minuti». Diede il faldone a Luciano affinché lo vedesse. Conteneva un elenco con numeri di prigionieri e un mucchio di schede spesse come una scatola di fiammiferi.

«Da quanto tempo sei qui?»

«Mi hanno beccato a febbraio.



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