La profezia perduta del faraone nero by Fabio Delizzos

La profezia perduta del faraone nero by Fabio Delizzos

autore:Fabio Delizzos [Delizzos, Fabio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2020-07-27T06:24:05+00:00


36

Casa del direttore Vogel. Contrada delle Fragole.

Conon aveva in spalla il fucile Jäger procuratogli da Sofia, Caffarel portava le pistole gemelle a canna lunga, ed entrambi avevano in mano una lanterna accesa.

Passarono sotto un ingresso massiccio che dava sulla via, percorsero un acciottolato fiancheggiato da alti edifici e si ritrovarono in un cortile; da un lato c’era una stalla e dall’altro un deposito per le carrozze. Nella stalla trovarono due cavalli ungheresi e una mucca dal mantello rossastro. Caffarel volle dare da mangiare agli animali, e poi prese un appunto sul taccuino per non dimenticare di mandare qualcuno a occuparsene.

«Vogel viveva da solo?», chiese Conon.

«La moglie è morta, i figli sono rimasti tutti in Austria. Il direttore se la spassava nei bordelli e beveva. Non era un esempio di simpatia, ma lo consideravo un brav’uomo».

«Chi lo ha ucciso la pensava diversamente, però».

«Tu credi che gli omicidi del Cannibale siano mirati?»

«A meno che non sia un demone o un fantasma, sì. Vogel è stato assassinato all’interno di Palazzo Carignano, dove la sorveglianza è massima, l’edificio più inaccessibile di Torino: chi ha ucciso Vogel era determinato e abile, conosceva il posto e sapeva dove trovare l’ufficio del direttore».

«Sì, hai ragione, Conon».

L’abitazione di Vogel non era grande come poteva sembrare vedendo l’accesso sulla strada. Aveva un modesto giardino alberato alle spalle, una corta rampa di gradini conduceva a una veranda che dava accesso alla porta.

La sfondarono a calci ed entrarono.

L’ingresso era piccolo, arredato con un alto armadio di pino e una cassettiera di quercia, sulla quale erano esposti dei trofei militari. C’erano anche alcuni ritratti appesi alle pareti, e a Caffarel parve di riconoscere in ognuno una somiglianza con il direttore Vogel. Forse, pensò, erano suoi familiari.

«Avevi mai sospettato qualcosa su di lui?», gli domandò Conon gettando tutt’intorno la luce della lanterna e cominciando a perlustrare. «Voglio dire: prima di scoprire che aveva rapporti con il guardiano del museo».

«Dei sospetti su Vogel?». Caffarel si voltò verso di lui con la fronte corrugata. «Perché avrei dovuto sospettare del direttore e a che riguardo?».

Conon rovesciò per terra il contenuto della cassettiera e dell’armadio. «Be’», disse chinandosi a frugare fra le cose, «gli altri uomini assassinati dal Cannibale erano dei ladri di antichità: oltre ai furti dal museo, chissà in quali altri loschi traffici erano coinvolti. Gli omicidi fanno pensare a delle vere e proprie esecuzioni. Se così fosse, Vogel poteva aspettarsi di essere sulla lista del Cannibale e, magari, tu potresti averlo notato».

«In effetti», ragionò Caffarel, fermo ai piedi della scala semicircolare che conduceva al piano superiore, «Vogel era parecchio turbato da questi omicidi. Non si è recato alla villa Calandra. E quando è stato ucciso il guardiano del museo, al mattino si è presentato sul posto in ritardo e aveva chiaramente paura, ha perfino detto di temere che la prossima testa a cadere sarebbe stata la sua».

Conon mise a soqquadro la cucina e la sala da pranzo, senza trovare nulla di importante: era praticamente inutilizzata.

«Vogel mangiava sempre in trattoria», disse Caffarel.

«Sai se anche Vogel faceva parte di una qualche stravagante loggia di Rito Egizio?»

«No.



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