La terra dell'impossibile by L. Sprague de Camp & F. Pratt

La terra dell'impossibile by L. Sprague de Camp & F. Pratt

autore:L. Sprague de Camp & F. Pratt [de Camp, Lyon Sprague & Pratt Fletcher]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantasy
editore: MEB
pubblicato: 1977-05-14T16:00:00+00:00


Senza senso. O forse non del tutto; ricordò un verso della canzone di Malacea:

“Quando i tre siti egli toccherà…”

Forse doveva toccarla, forse Oberon aveva voluto dire questo riguardo l’impresa per la quale era stato portato lì: tanto per provare, stese il braccio e la toccò con la punta della spada.

Crash!

La stanza fu vividamente illuminata dal fulgore bianco-blu di un lampo, poi piombò nel buio mentre tuoni rumoreggiavano qui e là nelle caverne, come diecimila palle di cannone giù per uno scalone. Barber si immobilizzò mentre il tuono svaniva, aguzzando gli occhi nell’oscurità, quasi aspettandosi o comunque sperando che la luce, tornando, mostrasse l’interno ben curato del villino dei Gurton. Persino i peli si rizzarono al punto che la mascella gli bruciò e egli sentì uno strappo improvviso sul retro della giacca dove c’era la tega delle ali.

Poco per volta la sala tornò normale e le girandole luminose davanti ai suoi occhi svanirono. Si guardò intorno. Avrebbe giurato che l’alabarda in mano a quella armatura oscillava: le torce ingoiarono spegnendosi e l’oscurità scese lentamente come un ragno che si cala lungo il filo. Udì un debole suono sibilante che poteva essere un respiro, dentro e fuori le fessure della celata, e si rese conto, sgomento, che il distante suono dei martelli si era ammutolito.

Ci fu un debole sfregare di metallo e poi un leggero colpo di tosse, allarmante in quel silenzio. Barber fece dietrofront e si affrettò in punta di piedi per quella distesa di pietra lucida; la parete sembrava due volte più lontana di prima come il punto di fuga in un diagramma mostrante le leggi della prospettiva. Prima di averla raggiunta, stava già correndo. Proprio allora le torce diedero gli ultimi bagliori e morirono, così fece gli ultimi passi al buio, trovò a tastoni la maniglia della porta e la spalancò in fretta con un sollievo selvaggio.

Non aveva più idea di prima di dove fosse, le gallerie erano più vuote che mai, non c’era neppure il frastuono delle fucine a tenergli compagnia. Né gli era di aiuto l’inclinazione delle gallerie che salivano e scendevano in modo del tutto illogico. Comunque la fortuna che l’aveva accompagnato nelle caverne, lo aiutò ancora; dopo un’ora o più di giri a vuoto raggiunse un bivio in cui una delle gallerie portava al grigio pallore della luce diurna invece che alla onnipresente luce delle torce.

Il sole era appena sorto quando sbucò dall’apertura a mezza costa sul fianco di una collina che dava su una campagna verde e ondulata, del tutto diversa dal deserto che aveva attraversato per arrivare fin lì. Al centro, non lontano e in parte nascosti dalle alture più vicine, c’era un gruppo di rettangoli gialli e marroni, che dovevano essere una fattoria o il suo equivalente di Fairyland. Più oltre, il verde più scuro degli alberi.

Ci doveva essere qualche forma di vita là e non certo cobolda. Barber scese la collina a passi, lunghi, saltellando e i suoi polmoni bevvero gioiosamente l’aria frizzante.

Era come una mattina di tarda estate nella Nuova



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