La vita estrinseca by Felice Cimatti

La vita estrinseca by Felice Cimatti

autore:Felice Cimatti [Cimatti, Felice]
La lingua: nld
Format: epub
editore: Orthotes Editrice
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Obbedienza e divenir-erba

Che succede, quando non c’è più “io” ad ostacolare il movimento verso il piano di immanenza? La risposta di Kierkegaard è sorprendente, l’obbedienza. È una risposta sorprendente, perché l’obbedienza sembra presupporre un “io” che obbedisca, una volontà da piegare, una coscienza che riconosca la giustezza del comando che impone l’obbedienza (in questo senso un cane non obbedisce al padrone, perché non riconosce la giustezza del suo comando; la sua non è obbedienza, è una presa d’atto che il mondo va così, e non ci si può fare niente, se vuole uscire deve ‘accettare’ la museruola). E tuttavia proprio il fatto che Kierkegaard parli di obbedienza dopo il momento del silenzio, permette di capire che tipo di obbedienza sia, quella a cui sta pensando. Una obbedienza che in realtà non è che un modo particolare del divenire, di farsi immanenza: «il divenir-animale è solo un caso fra gli altri. Ci troviamo presi in segmenti di divenire [...]: divenire-donna, divenire-bambino; divenir-animale, vegetale o minerale; divenire-molecolari di ogni specie, divenire-particelle».51

Intanto, cos’è questa obbedienza? «Nella natura» scrive Kierkegaard, «tutto è obbedienza, incondizionata obbedienza».52 Il giglio è obbediente, l’uccello nel cielo è obbediente. Ma non nel senso che obbedisce al comando di qualcuno, della natura oppure di Dio. Il giglio è obbediente perché «ama Dio», ossia si lega «a lui incondizionatamente e in ogni cosa».53 Una obbedienza intransitiva, il giglio obbedisce, punto. Meglio ancora, il giglio è l’obbedienza, così come è l’amore di Dio (quindi né obbedisce né ama; è obbedienza e amore). Non obbedisce ad un ordine, ad una volontà esterna che gli impone di vivere così e così: il giglio obbedisce, la sua vita incarna l’obbedienza. Una obbedienza senza comando, senza ordine, senza trascendenza. Il giglio vive la vita che vive con tutta la pienezza che gli è possibile, senza risparmiarsi, senza rimpianti né speranze. Obbedienza significa vivere la vita dell’«istante», e solo quella. Questo è l’amore di Dio:

Se il posto assegnato al giglio è il più infelice possibile, tanto che è facile prevedere che sarà del tutto superfluo per tutta la vita, e che non verrà notato da una sola persona che possa gioirne; se il posto e l’ambiente sono – sì, ho dimenticato che è del giglio che parlo – sono così “disperatamente” infelici, che non solo non lo si cerca, ma lo si evita: l’obbediente giglio accetta con obbedienza la propria condizione e sboccia in tutta la sua bellezza. [...] “io non ho potuto determinare da me il mio posto e la mia condizione, questo non è neppure lontanamente affar mio; che io stia dove sto è la volontà di Dio”. Così pensa il giglio.54

Il giglio obbedisce, ossia il giglio vive la vita, fino in fondo, con tutta la forza e la potenza che gli è possibile, e vive la vita che vive, non un’altra che avrebbe potuto vivere, vive proprio la vita che non ha scelto, perché comunque non avrebbe scelto una vita diversa. L’obbedienza di cui parla Kierkegaard è una piena e radicale e sensuale obbedienza alla vita.



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