La vita nascosta by Esther Lederman

La vita nascosta by Esther Lederman

autore:Esther Lederman [Lederman, Esther]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Guanda
pubblicato: 2022-01-02T23:00:00+00:00


Il viaggio continua

La nostra prima intenzione era di andare in Palestina. C’era un’organizzazione che facilitava l’immigrazione illegale aggirando il blocco imposto dagli inglesi. Si trattava di un viaggio difficile e rischioso, fortemente sconsigliato alle persone di una certa età. Avevamo sentito dire però che si potevano prendere accordi nella Zona americana in Germania. Così vendemmo tutto e comprammo un permesso falso per attaversare il confine fra la Polonia e la Germania occupata dai sovietici, ci procurammo qualche dollaro americano e della cartamoneta provvisoria, quella usata dai militari nella zona sotto il controllo americano, e ci dirigemmo verso occidente, augurandoci di non dover mettere mai più piede sul suolo polacco. Il gruppo era così composto: i quattro Lederman, il loro cugino Stefan, che aveva deciso di disertare, mio padre e io. Stefan indossava ancora l’uniforme polacca, nella speranza che questo ci fosse d’aiuto nell’attraversare la frontiera.

Dopo molte difficoltà, arrivammo a Berlino. Era il 16 dicembre 1945. La città, completamente distrutta, era coperta da un manto di neve, e quell’inverno era particolarmente freddo: la temperatura scendeva di frequente sottozero e a intervalli si alzava una tormenta. Non c’era niente da mangiare e la gente viveva nelle cantine e fra i ruderi delle case bombardate. Quella Berlino distrutta fu un balsamo per le nostre ferite. Lo spettacolo del collasso totale di un regime così arrogante da annientare, oltre alla maggioranza degli ebrei del mondo, una larga parte della popolazione europea, fu accolto come un parziale castigo per il dolore che avevamo sofferto.

Dopo esserci presentati alle autorità americane per i rifugiati e dopo essere stati interrogati da un rabbino – doveva accertarsi che fossimo davvero ebrei e non nazisti sotto mentite spoglie –, fummo ammessi nella Zona americana. Credevamo che da lì saremmo riusciti a partire con l’aiuto dell’Agenzia ebraica, organizzazione all’epoca non ufficiale che sosteneva l’Aliyah, l’immigrazione in Palestina, agevolandone anche una versione illegale. Il numero di certificati di immigrazione emessi dal protettorato britannico era molto limitato, perché il governo subiva grandi pressioni dagli arabi – c’era in gioco il prezioso petrolio – che avrebbero voluto contenere o impedire del tutto l’arrivo degli ebrei.

L’Agenzia ci aiutò ad andare da Berlino a Monaco, nel Sud della Germania, dove fummo portati al Deutsches Museum, che era diventato un centro di smistamento profughi. In quel periodo in Europa si stavano spostando grandi masse di persone, soprattutto da est a ovest, in numeri che oggi riuscirebbe difficile immaginare. C’era gente che cercava di scappare dalle zone sotto la sfera sovietica, gente che provava a tornare nei paesi d’origine e, nel caso degli ebrei, gente che cercava di andare ovunque fuorché nei paesi d’origine.

La United Nations Relief and Rehabilitation Administration, o UNRRA, forniva cibo, vestiario e rifugio. Era coadiuvata da altre organizzazioni, fra le quali gruppi cattolici e protestanti, l’American Jewish Joint Distribution Committee (JDC) e l’Hebrew Immigrant Aid Society (HIAS). I rifugiati venivano registrati come sfollati, si trattava soprattutto di ex internati dei campi di sterminio e gente portata a lavorare in Germania da tutti i paesi occupati d’Europa.



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