L'atomo inquieto by Mimmo Gangemi

L'atomo inquieto by Mimmo Gangemi

autore:Mimmo Gangemi [Gangemi, Mimmo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788828210818
Google: Gt-BzwEACAAJ
editore: Solferino
pubblicato: 2022-06-14T22:00:00+00:00


Capitolo 11

Mi scopro crucciato per la felicità su cui sono inciampato quando non ci contavo più. Preferibile non assaporarla, se è destinata a infrangersi. Non ci fosse stata, sarei tra le ombre di una scontentezza indurita dall’assuefazione, a scalare giorni fradici in attesa che planino all’ultimo, e non qui a provare le scudisciate sanguinolenti dell’inferno. Perché non trovo requie e riparo, il dolore monta fino a vette insopportabili. Sono stato vicino a spiaccicarmi la testa contro il muro. Ho pure afferrato la pistola deciso a chiudere un’esistenza che non merita d’essere tirata oltre. Avevo già strizzato forte gli occhi e serrato i denti per affrontare l’attimo. Non ci sono riuscito.

Tre mesi ormai. Il tempo non ha coperto di crosta la sofferenza, che c’è, intatta, solo che è ora parte di me, è immagini, parole, rimpianti, nell’involucro di un’abitudine che sa diventare gramigna. Non riesco a scacciare l’orrore di Hertha morta. E del bambino che le affiorava dalla pancia sventrata – non sono sicuro d’averlo scorto davvero, mi va di crederlo – e che con quella vista, o fantasia che possa essere, è diventato presenza stabile, molto più di un figlio abbracciato e perduto. E tuttavia le ferite tendono a rimarginarsi. E il dolore a mutarsi. In me biforca in due direzioni. Una è lo scrupolo per il pianto che s’attenua, i giorni che spingono per riacquistare fisionomia, regole di percorrenza, sequenza di vita, mentre le cose a me più care marciscono sottoterra. La seconda è la rabbia. E da qualche parte la devo pur scaricare, un colpevole, uno su cui infierire, me lo si deve porgere.

È sbocciata la primavera. È primavera in una guerra che la Germania subisce sempre più. Non sono tornato nei laboratori, mantenuti a Gottow nonostante le bombe nel quartiere. E non ho accettato gli inviti a cena di Hahn e di Strassmann, né quelli al ristorante di Heisenberg. Rimango tappato in casa. La tengo pulita. E tengo pulito me stesso, per non arrendermi al reietto sospinto in avanti dalla disgrazia, con doccia alle otto, la barba un mattino sì e uno no dato che la passo anche contropelo. Esco solo per fare un po’ di spesa e per comprare le sigarette. Ho ripreso il vizio, più accanito di prima, mi si indurirà un callo al centro delle labbra per quanto fumo. Per ora niente tosse e niente disturbi ai polmoni, ai bronchi, alla respirazione. Se dovessero comparirmi, buoni e benedetti, mi offro volontario, afferratemi pure. Qui non si trovano le Macedonia. E ho dirottato sulle Juno. Appena suona la sirena, mi incammino lungo le strade deserte, in direzione delle bombe – peccato che mai capitino addosso ai miei passi.

La creatura sta muta. Appena si annuncia con il colpetto di tosse, la prevengo con un raschio di gola. E lei rimane al suo.

Erano bombe inglesi quelle cadute sulla nostra testa. Me lo ripeto a ossessione. Ed ecco trovato il colpevole che mi mancava. Più ci rimugino, più l’odio sale, sale. E pretende vendetta. Per attuarla, mi basta riprendere da dove abbiamo mollato con Hahn.



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