Le Amanti by Matilde Serao

Le Amanti by Matilde Serao

autore:Matilde Serao [Serao, Matilde]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
ISBN: 9781465532176
Google: 4mxqoRoR9-kC
editore: Fratelli Treves
pubblicato: 1894-01-14T23:00:00+00:00


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sfinita, esausta, si passava ancora sugli occhi aridi il fazzoletto bagnato di lacrime, Giovanni, ai

suoi piedi, le narrava ancora la sua miseria sentimentale presente, la sua morbosa sensibilità che

aveva paura dell'amore, la sua impotenza spirituale, tutta la rovina irreparabile che gli impediva di

esser per lei il perfetto innamorato, il perfetto amante. Alle sue ginocchia, in una evocazione

straziante, di quello che era stato il suo passato d'amore e nello strazio della presente realtà, egli

versò poche, cocenti lacrime, le più dolorose che avesse versate mai. Smorta, con gli occhi

spalancati su lui, reggendosi la testa con le mani, ella che aveva gridato tutta la sua desolazione,

udiva ora le parole di una ben diversa miseria, di un disfacimento umano assai più tragico del suo; e

mentre l'alba faceva il cielo di un freddissimo biancoverdino, i due amanti si guardarono, presi da

una pietà immensa, per sè stessi, e sentendo che nessuno dei due poteva consolare, giammai,

giammai l'altro.

Ella, folle oramai di sacrificio, fu dimentica di sè, e si rassegnò a una forma qualsiasi

dell'amore, purchè Giovanni non l'abbandonasse. Rinunziava alla passione, chiudendo gli occhi:

ella che adorava solo la passione! L'amasse Giovanni, come voleva, come poteva, quando voleva:

purchè quel residuo di tenerezza fosse suo! Oramai ella diventava simile ai malati che, giorno per

giorno, vanno rinunziando alle dolcezze che godono i sani e fanno un ragionamento malinconico a

ogni rinunzia. Diceva, ella:

- Tu, che non mi scrivi mai....

E se egli annuiva, ella frenava il suo spasimo. Giovanni, un tempo, le aveva troppo scritto:

adesso non ne aveva più la forza. Altre volte diceva:

- Tu non vieni; è vero, domani sera?

Ed era perchè soffriva troppo, a udirlo dire da lui che non sarebbe venuto. Parlando

dell'amore, ella soggiungeva, con un debole sorriso:

- Tu che mi vuoi bene così poco....

E lo sogguardava, ansiosamente, per osservare anche l'espressione più fugace. Egli

sorrideva, acconsentendo al fatto di amarla poco: Clara indietreggiava, disperata internamente della

pruova. Qualche volta, bonariamente, ella gli tendeva un tranello:

- Perchè mi ami così poco? Io ti voglio troppo bene.

- Perchè non posso di più.

- Non puoi, non puoi? Tenta.

- Oh no! - esclamava, con un tono di stanchezza, di sfiducia, di paura.

- Io ti amo troppo - ella diceva, affogando di dolore, ma non mostrandolo.

- È ciò che mi trafigge. Io sono un indegno, Clara.

- E se non ti amassi più?

Giovanni impallidiva e taceva. Quel pallore, la rincorava.

- Se non ti amassi più, di'?

- Mi rassegnerei malinconicamente. Sono stato un grande sventurato, sempre.

- Ti rassegneresti? - e fremeva, ella.

- Mi rassegnerei.

- Mi riesce impossibile di non amarti, Giovanni! - ella esclamava.

- Se tu volessi, ti sarebbe facile. Credimi, non ti ho meritata prima: non ti merito adesso. Era

destino!

- Parliamo d'altro - diceva lei, brevemente, vinta.

Ma si rinnovava ogni giorno, ogni sera, il duello, sopra una ben semplice frase così cara a

tutti gli amanti. Quando ella era di umore più lieto, gli diceva:

- Già, non ti domando se mi vuoi bene. Sarebbe inutile.

- Sarebbe inutile - mormorava lui, sorridendo, cercando di scherzare.

- Non mi ami affatto? - e la voce lievemente le tremava.

- Affatto.

Clara taceva, incapace di scherzare più.



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