Le Porte di Atene by Conn Iggulden

Le Porte di Atene by Conn Iggulden

autore:Conn Iggulden [Iggulden, Conn]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2021-04-28T12:00:00+00:00


25

Santippo era in piedi accanto al carro e ai due cavalli che l’avrebbero condotto oltre la lingua di terra che collegava l’Attica al Peloponneso. Avrebbe trascorso gli anni dell’esilio a Corinto, che distava non più di tre giorni di cammino dalla residenza di famiglia e dai suoi figli, ma si trovava fuori dai confini di Atene, perciò stabilendosi là avrebbe rispettato la legge. Per questo l’aveva scelta. La città in sé per lui non significava niente. Non era Atene. Non era casa. Un posto valeva l’altro, per un uomo nella sua situazione.

Aveva fatto il possibile per prepararsi alla partenza, trascorrendo i dieci giorni rimasti in un’attività febbrile, delegando la gestione delle sue imprese ad amministratori e dipendenti. Era stata una corsa frenetica, ma alla fine aveva messo al sicuro gli interessi della famiglia.

Agariste aveva portato i bambini sulla strada a salutarlo. Tra le altre cose, Santippo aveva caricato sul carro una cassa d’argento e la sua panoplia, perciò aveva assunto quattro opliti per scortarlo. I soldati si tennero a rispettosa distanza mentre lui si chinava ad abbracciare l’ultimogenito, Pericle. Il bambino era scosso dai singhiozzi, incapace di comprendere perché suo padre dovesse andarsene. Alla sua età, dieci anni erano un tempo inconcepibile, una vita intera, e il distacco avveniva proprio nel momento in cui aveva cominciato ad accorgersi davvero di lui e a cercare di emularlo. Sua sorella si avvicinò per consolarlo, e il piccolo le abbandonò la testa sulla spalla.

Santippo spalancò le braccia e li strinse entrambi al petto, inspirando a fondo il profumo dei loro capelli, che sapevano di erba e cavalli. Aveva passato più tempo con i suoi figli in quei dieci giorni che in tutto l’anno. Loro l’avevano seguito come anatroccoli, e lui aveva scoperto che gli piaceva sentirli ridere e chiacchierare. Persino Arifrone, che nella lite aveva preso le parti di Agariste, sembrava essersi ammorbidito. Quell’ultima mattina aveva gli occhi arrossati, sforzandosi invano di trattenere le lacrime.

«Ci rivedremo presto, quando vostra madre vi porterà a Corinto» li salutò Santippo. «Dovremo solo aspettare che mi sia un po’ sistemato, ma non ci vorrà molto, promesso.»

La verità era un’altra. Le strade fuori le mura delle città erano piene di insidie. Più che di un viaggio si sarebbe trattato di una spedizione armata, lunga e accidentata, e comunque uno sradicamento per tutti loro. Santippo sapeva che nella migliore delle ipotesi li avrebbe rivisti forse una o due volte l’anno, e sempre che Agariste acconsentisse a portarglieli.

«Non vogliamo che vai via» piagnucolò Pericle.

Santippo annuì. Quelle parole erano una stilettata. Nemmeno lui voleva andarsene.

«Purtroppo è la legge, figliolo. E in fondo non è la fine. Sono ancora vivo. Solo non posso più abitare ad Atene o nell’Attica. Non è una condanna tanto dura, a pensarci bene. Non fosse che mi allontana da voi. E questo è…»

Non riuscì a proseguire. Sapeva che non c’erano scorciatoie. Se in quei dieci anni avesse rimesso piede ad Atene, l’avrebbero giustiziato. Le regole erano ferree, e lui non poteva trattenersi nemmeno un giorno più del consentito.



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