Le storie dei re Sassoni - Un Cavaliere E Il Suo Re by Bernard Cornwell

Le storie dei re Sassoni - Un Cavaliere E Il Suo Re by Bernard Cornwell

autore:Bernard Cornwell [Cornwell, Bernard]
Format: epub
Tags: Action & Adventure
pubblicato: 2006-03-07T23:00:00+00:00


Prima di sfociare in mare, il Pedredan descrive nella palude una grande curva, circa i tre quarti di una circonferenza, e dove tale curva ha inizio sorgeva, sulla riva interna, un altro minuscolo insediamento: non più di una mezza dozzina di capanne costruite su palafitte piantate su un leggero rialzo del terreno. Il villaggio era chiamato Palfleot, che significa «il luogo dei pali», perché la gente che un tempo vi abitava aveva riempito il fiume in quel punto di lunghe aste a cui erano attaccate trappole per pesci e anguille. I danesi avevano fatto fuggire quei pescatori e bruciato le loro catapecchie, perciò di Palfleot rimaneva solo un ammasso di pali strinati e fango annerito. Fu lì che sbarcammo, nell'alba gelida. La marea stava calando, mettendo in luce i grandi banchi di sabbia e melma che Iseult e io avevamo attraversato faticosamente a piedi, e da ovest soffiava un vento freddo e umido, indizio di futura pioggia, anche se al momento c'era un po' di sole, i cui raggi scendevano obliquamente sui ciuffi di erba ammofila e sulle canne, proiettando lunghe ombre sul terreno. Nel vedere due cigni volare verso sud, capii che erano messaggeri degli dei, ma quale fosse il messaggio non fui in grado di dirlo.

Le piccole imbarcazioni ripartirono, lasciandoci a terra. Dovevano dirigersi a nord e a est, seguendo intricati labirinti d'acqua che soltanto gli abitanti della palude conoscevano. Noi restammo per un po' a Palfleot, impegnati in attività quasi superflue, ma mettendo un grande zelo in ciò che facevamo, in modo che i danesi, molto lontani al di là della grande ansa del fiume, non potessero non notarci. Mentre abbattevamo i pali anneriti, Iseult, dotata di una vista estremamente acuta, osservava a occidente il punto in cui gli alberi delle navi danesi spiccavano come tanti graffi sui bassi cumuli di nubi. «Su un albero c'è un uomo», disse a un tratto, al che guardai a mia volta in quella direzione, vidi un marinaio arrampicarsi in testa d'albero e capii che eravamo stati avvistati. La marea era sempre più bassa, così le zone di sabbia e fango lasciate scoperte si allargavano e, ora che avevo la certezza che i danesi ci avessero visti, noi tutti ci incamminammo sul terreno che cominciava ad asciugarsi, circoscritto dall'ampia curva del fiume.

Mentre ci avvicinavamo scorsi altri danesi arrampicati sul sartiame. Ci stavano osservando, senza tuttavia dare segni di inquietudine perché i miei pochi uomini erano numericamente molto inferiori a loro e a dividerci c'era il fiume, ma il comandante dell'accampamento danese, chiunque fosse, aveva ordinato ai suoi soldati di impugnare le armi, perché non voleva farsi cogliere alla sprovvista, qualunque cosa accadesse. Mi augurai che, oltre che cauto, fosse intelligente. Gli stavo preparando una trappola e, affinché questa funzionasse, doveva comportarsi così come io speravo, ma inizialmente, se aveva un po' di cervello, non doveva fare nulla. Poiché si rendeva certamente conto della nostra impotenza, a causa del Pedredan che ci separava dalle sue truppe, avrebbe dovuto accontentarsi di tenere d'occhio



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