Lo schiaffo by Abbas Khider

Lo schiaffo by Abbas Khider

autore:Abbas Khider [Khider, Abbas]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fandango Libri
pubblicato: 2024-03-28T23:00:00+00:00


Cara Frau Schulz, era un piovoso giorno d’aprile quando seppi che era arrivato il momento di accomiatarmi da Bayreuth. Me ne stavo annoiato nella nostra stanza a sfogliare una rivista che avevo preso dalla Caritas, Amica. È piena di foto di donne mezze nude, magre e senza una ruga, e anche gli uomini che spuntano qui e lì hanno l’aria perfetta, come gli dei dell’Olimpo greco. Improvvisamente qualcuno bussò alla mia porta. Era Azrael, l’amministratore angelo. Mi spinse una lettera in mano.

Era una busta verde. Pensai che si trattasse del responso alla mia richiesta di asilo. Era invece un testo breve con timbro e firma. Non ne capii una sola parola. Mi precipitai fuori dalla stanza in cerca di Rafid, perché potesse tradurmelo. Era con Salim, Ali e un paio di altri iracheni fermo davanti alla cucina.

“Oh oh, una lettera verde. Il colore del profeta Muhammad e delle più potenti autorità tedesche. Fammi vedere!”

Molti di noi quel giorno sembravano aver ricevuto la stessa notifica. Sul foglio c’era scritto che dovevamo fare i bagagli perché l’indomani alle nove saremmo stati trasferiti. Sul dove nessuna parola. Allo stesso modo non c’era neanche una ragione per il trasferimento. Volevo andare subito dalla Caritas a chiedere come si chiamasse il mio prossimo luogo di residenza. Rafid però disse di aver appena provato a capirlo, ma non c’era più nessuno degli impiegati.

“Forse è la nostra ultima sera insieme a Bayreuth”, disse Salim. “Cuciniamo qualcosa insieme! La nostra ultima cena a Bayreuth! Chissà, forse domani verremmo portati in centri diversi. Festeggiamo con un party di addio! Con riso e salsa di pomodoro!”

Salim era un cuoco appassionato. Ogni settimana, quando ricevevamo il pacco dei viveri, provava a fare dei cambi con gli jugoslavi e con i kazachi. Perché molto di quello che c’era nei pacchetti, noi non lo mangiavamo: salame, pasta, piatti pronti e zuppe in barattolo, uova cotte e colorate, come anche quelle strane cose gialle, i bastoncini di pesce. In cambio Salim ci procurava fagioli, riso e verdure. Ma non riuscì mai ad arrangiare carne rossa o bianca. Roba simile era oltre il lusso e, da quando avevamo lasciato il nostro paese, non l’avevamo praticamente più mangiata. Nelle ultime settimane l’avevamo trovata in un solo pacco alimentare. Il macinato di manzo però già non era più rosso, aveva assunto un colore marroncino, ma Salim da quel poco di carne si inventò tre meravigliosi piatti: polpettine di carne, sugo di carne e un’altra creazione a base di macinato, talmente inusuale che a distanza di tempo non riesco praticamente a descriverla. Dopo non vedemmo mai più quella carne promessa e rimanemmo, anche se non per nostra volontà, vegetariani.

Salim riusciva a imbastire dal nulla un piatto eccezionale. La sua arte culinaria aveva una storia, che lui raccontava volentieri ed entrando nei dettagli, e che ogni nuovo arrivato sul nostro piano era costretto ad ascoltare. Era l’unica cosa della sua vita rispetto alla quale era disposto a parlare senza riserve. Per il resto era un tipo molto tranquillo e silenzioso.



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