Lo Spezzacuori by Felicia Kingsley

Lo Spezzacuori by Felicia Kingsley

autore:Felicia Kingsley [Kingsley, Felicia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2024-02-26T11:35:46+00:00


I Believe in Love Again – Lenny Kravitz, Peggy Gou

«Grazie per aver anticipato la seduta», dico al dottore porgendogli il nostro caffè di rito.

«Potevamo spostare giorno, se ti veniva più comodo».

«Non avrei saputo quando, avrei dovuto consultare la mia agenda, ma non ne ho una», replico. «Ho un aereo da prendere più tardi e con la seduta al nostro solito orario rischio di arrivare a imbarco chiuso».

«Ma come? Non sei un VIP da aereo privato?», mi schernisce lui.

«Magari, ma no. E poi la trasferta è a carico dell’editore, è lui che decide».

«Mi stai dicendo che c’è l’opportunità di ritrovarsi seduti accanto a Blake Avery in turistica?»

«Adesso non esageriamo. Il mio contratto prevede la business. Occasionalmente, per i voli a lungo raggio, la prima».

«Sciocco da parte mia pensare il contrario».

«Però ho volato in turistica per un sacco di tempo. L’upgrade me lo sono guadagnato solo di recente. Anche se devo ammettere che la turistica mi ha regalato comunque dei ricordi niente male».

«Beato te, io detesto volare e nessuna delle mie memorie di viaggi include voli piacevoli», borbotta lui. «Sono contento di non dover viaggiare quanto te».

«Paura dell’aereo?»

«No, mi danno fastidio il rumore di sottofondo dei motori, l’aria condizionata polare o il riscaldamento sahariano, le orecchie che si tappano, naso e gola che si seccano per la pressurizzazione… Una tortura».

«Sa, a volte la giusta compagnia può fare la differenza e far passare questi dettagli in secondo piano».

«La compagnia aerea?»

«No, la compagnia umana», specifico.

«Dev’essere una compagnia davvero straordinaria».

«Mi è venuto in mente un aneddoto risalente a diversi anni fa, mentre tornavo da Londra», comincio, sfilando la Marlboro dal pacchetto. «Non ero ancora “famoso”, se così vogliamo dire, perciò mi mimetizzavo molto bene».

«Aneddoto romantico?»

«In effetti, sono state otto ore abbastanza romantiche», commento. «Non mi sono mai spiegato cos’abbiano gli aeroporti per cui le persone che vi s’incontrano – persone che magari nella vita di tutti i giorni non degneremmo di un secondo sguardo – sembrino più attraenti. Saranno le poltrone di plastica o il cibo orrendo e assurdamente costoso dei punti ristoro. O forse il senso di attesa».

«Che intendi?»

«È una sensazione strana, però in aeroporto capita di incrociare lo sguardo di autentici sconosciuti e sentire una sintonia spontanea improvvisa. Da quel momento, per tutta la durata dell’attesa o del volo, ci si ritrova a “pensare” a loro come se effettivamente facessero parte della tua vita».

«Ho capito», annuisce. «Parli della ATH».

«Che sta per?»

«Airport Terminal Hotness. È una suggestione mentale derivata dalla noia e dalla necessità di ingannare l’attesa quando costretti in uno spazio rarefatto e artefatto come, appunto, un aeroporto».

«Quindi la cosa di cui parlo io ha un nome?», chiedo stupito.

«È una situazione in cui tendiamo a osservare molto e il nostro cervello è allenato a cercare individui simili a noi, a partire dal gruppo anagrafico. In più, è una situazione densa di incognite: chi abbiamo davanti dove è diretto? C’è qualcuno che lo aspetta? Per che motivi viaggia? Aggiungi poi che volare genera degli effetti sul corpo molto simili a quelli che si provano



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