Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta by Robert M. Pirsig

Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta by Robert M. Pirsig

autore:Robert M. Pirsig [Pirsig, Robert M.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T09:00:30+00:00


Mi dispiace. Probabilmente è il risultato delle settimane al campeggio dell’YMCA. Da quel che mi ha raccontato, per lui e per i suoi compagni era tutta una questione di ego. Roba da prova di virilità. Per di più Chris partiva da una posizione infima, uno stato in cui, come gli istruttori non mancarono di sottolineare, era una disgrazia trovarsi… il peccato originale. Poi gli fu permesso di misurarsi in una lunga serie di imprese: nuotare, fare i nodi… ne ha nominate una dozzina, ma le ho dimenticate.

Il fatto di avere degli obiettivi che una volta raggiunti gratificassero il loro ego rendeva senza dubbio i ragazzi più volenterosi e attivi, ma alla lunga questo tipo di movente è distruttivo. Qualsiasi sforzo abbia come obiettivo finale l’autoglorificazione è destinato a concludersi in un disastro. Infatti ora ne scontiamo le conseguenze. Quando si prova a scalare una montagna per dimostrare la propria bravura, è raro che si arrivi alla vetta. E anche se ci si arriva è una vittoria ben meschina. Per consolidarla bisogna continuare a misurarsi, incessantemente, condannati ad aderire per sempre a una falsa immagine di sé, ossessionati dalla paura che l’immagine non sia vera e che qualcuno lo scopra.

In una lettera che risaliva al suo soggiorno in India, Fedro descrisse un pellegrinaggio alla montagna sacra di Kailas — sorgente del Gange e dimora di Shiva, in cima all’Himalaya —, che aveva intrapreso in compagnia di un santone e dei suoi seguaci.

Fedro non raggiunse mai la montagna. Dopo il terzo giorno rinunciò, esausto, e il pellegrinaggio continuò senza di lui. La forza fisica non gli mancava, ma la forza fisica non era sufficiente. Aveva un movente intellettuale, ma non era sufficiente neanche quello. Non pensava di aver peccato d’orgoglio unendosi al pellegrinaggio, ma si rendeva conto di averlo intrapreso solo per ampliare la sua esperienza, approfondire la sua conoscenza. Stava cercando di strumentalizzare la montagna, e anche il pellegrinaggio. Considerava se stesso l’entità prestabilita, e non il pellegrinaggio o la montagna; quindi non era pronto. Agli altri pellegrini, invece, la santità della montagna che era infusa nei loro spiriti permetteva di sopportare difficoltà che lui, con tutta la sua forza fisica, non avrebbe saputo reggere.

All’occhio inesperto tra la scalata centrata sull’ego e quella che mette l’ego da parte non c’è nessuna differenza. Ma lo scalatore tutto proteso verso il proprio ego è come uno strumento fuori fase. I suoi passi sono troppo affrettati o troppo lenti. Con ogni probabilità uno scalatore così perde la bellezza della luce che filtra tra gli alberi.

Rifiuta il qui, ne è scontento, vorrebbe essere più avanti ma quando ci arriva è altrettanto scontento, perché anche là diventa «qui». Quello che sta cercando, quello che vuole, è tutto intorno a lui, ma lui non lo vuole, proprio perché ce l’ha tutto intorno. Ogni passo è uno sforzo sia fisico sia spirituale, perché egli immagina che la sua meta sia esterna e distante.

Il problema di Chris sembra proprio questo.

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C’è un’intera branca della filosofia che si occupa della definizione della Qualità: l’estetica.



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