L'ombelico del sogno by Vittorio Lingiardi

L'ombelico del sogno by Vittorio Lingiardi

autore:Vittorio Lingiardi [Lingiardi, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-04-04T12:00:00+00:00


A questa domanda Pontalis non sa rispondere, ma al pensiero sognante contrappone il pensiero di chi soffre d’insonnia, la cui testa propone i pensieri cupi del giorno, che durante il giorno sapeva piú o meno tenere a bada. «Il malato d’insonnia», dice, «è un uomo di preoccupazione, non di desiderio». Sognare, direbbe Ogden, è l’esperienza che ci consente di ritrovare nella vita diurna quelle «immagini sconvolgenti, belle, inquietanti» e di utilizzarle per attribuire, o almeno provarci in un beckettiano fail better («sbagliare meglio»), un significato personale alla nostra esperienza vissuta.

Sulla scia del citato adagio bioniano «senza fantasie e senza sogni lei non ha strumenti per pensare e per risolvere i suoi problemi», per Ogden la psicopatologia nasce dall’incapacità dell’individuo di sognare la propria esperienza. L’esperienza che non può essere sognata – a seguito di traumi esterni o intrapsichici, dolori intollerabili, fragilità costituzionali – rimane con l’individuo come un sogno non sognato in forme di disturbo psicosomatico, psicosi scissa, stati anaffettivi, sacche autistiche, gravi perversioni, tossicodipendenze. È il punto, diverso per ciascuno, in cui si raggiunge il limite della capacità di sognare le proprie esperienze disturbanti; qui inizia il bisogno di un altro che ci aiuti a sognare i nostri sogni non sognati. In altre parole, «ci vogliono (almeno) due persone per sognare l’esperienza piú disturbante di qualcuno».

La psicoanalisi è l’esperienza in cui paziente e analista si impegnano in un esperimento che è «sognare insieme» le esperienze emotive non sognabili, i sogni interrotti, i sogni che non sono sogni (per esempio incubi ripetuti), i sogni non sognati. Ogden chiama questa conversazione-improvvisazione analitica «parlare come sognare» (talking as dreaming). Grotstein ha battezzato la chiamata a raccolta di tutte le funzioni sognanti della mente dreaming ensemble, termine che evoca l’esperienza analitica condivisa nell’accordo di una dimensione musicale costruita insieme. Ciò che permette al paziente di ritrovare la sua «vita non vissuta» è l’accesso allo spazio creativo formato dalle due menti in seduta: paziente e analista si impegnano in quell’esperimento di confine che è creare insieme le condizioni per sviluppare la capacità di sognare. I sogni che arriveranno saranno sognati dal paziente e dall’analista, ma anche da un terzo soggetto che Ogden chiama «terzo analitico intersoggettivo» ed è al contempo il paziente, l’analista e nessuno dei due.

Apprendere a sognare la propria esperienza emotiva è per Ogden un processo che dura tutta la vita e richiede la fortuna di incontrare un altro disponibile e capace di assimilare il dolore e rispecchiarlo, senza mai fondersi né agire. Sognare in senso ogdeniano vuol dire “svegliarsi” alla propria soggettività.

Quella del risveglio è una metafora cara anche a un altro psicoanalista: Philip Bromberg. Da Ogden lo separa la distanza tra New York e San Francisco, ma soprattutto una diversa concezione della mente.



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