L'uomo che aveva visto tutto by Deborah Levy

L'uomo che aveva visto tutto by Deborah Levy

autore:Deborah Levy [Levy, Deborah]
La lingua: ita
Format: epub
editore: NN
pubblicato: 2021-12-16T12:15:40+00:00


due

Mio padre stava mangiando un sandwich vicino a me. Prese un pezzettino di pane e ne fece una pallina.

«Sei morto».

«Non ancora. Sei tu che sei quasi morto».

Il suo alito sapeva di sgombro in scatola.

«Dov’è il tuo sparviere?».

«Artrite. Non riesco a muovere il braccio. Adesso cammino con il deambulatore ma l’ho lasciato a casa».

«Lei è la signora Stechler?».

«Sono un signore, ragazzo, non una donna».

Mi ricordai che stavo scrivendo un saggio su Stalin. Suo padre, Beso, era un maniaco. Da giovane era bello e affabile, parlava russo, turco, armeno e georgiano. Quando morì, a cinquantacinque anni, fu seppellito in una tomba per poveri. Suo figlio si cambiò il nome in Stalin, che significa “uomo di acciaio”, e divenne il capo dell’Unione Sovietica.

«Sono innamorato di un uomo».

Beso rideva come fanno i georgiani. Aspettavo che chiamasse mio fratello per picchiarmi. Stava frugando in cerca di qualcosa.

«Sono appena tornato dalla Germania Est, la rdt. La gente vuole viaggiare ed essere libera».

Mio padre mi puntò il dito vicino alla faccia. «Questi intellettuali, capitalisti e guerrafondai insoddisfatti dell’Ovest, dovrebbero imparare a chiudere il becco. Non hanno idea di come fossero terribili le condizioni dei lavoratori nel passato o di quanto avessero sofferto i russi. Nella rdt nessuno viveva in strada, tutti avevano un tetto e del cibo. Ecco perché il confine andava protetto».

Mi porse un sacchetto di plastica. «Questa è la collana di tua madre». Potevo muovere entrambe le mani. Presi il sacchetto e lo guardai da vicino. Le perle erano state toccate dal dito insanguinato di Luna.

«L’hanno tagliata prima di operarti, ma io l’ho fatta rinfilare. Avevi schegge di vetro negli organi. Sepsi, milza bucata, emorragia interna. Hanno messo una nuova chiusura d’argento alla collana. L’avrei pagata anche d’oro ma mi hanno detto che l’originale era in argento».

«Avrei voluto darla a Luna. Le piacevano le mie perle».

«Chi è Luna?».

«La mia ragazza».

«Pensavo fossi innamorato di un uomo».

«Infatti».

Sapevo che Jennifer Moreau era nei paraggi perché sentivo profumo di ylang-ylang.

Mi voltai per guardarla. Portava un cappello che le nascondeva il viso. Cercai di muovere la mano per toccarle i capelli e afferrai una ciocca, ma non sembravano i suoi, perché erano argentati. Decisi di non guardare più Jennifer ma lei riusciva a leggermi nel pensiero.

«Sei a Londra». La sua voce era cambiata. Più profonda, con un leggero accento americano.

Non sapevo se crederle perché vedevo Rainer avanzare verso di me. Non aveva più la giacca kaki ma un camice bianco da dottore. Il traditore si era sbarazzato della chitarra per rimpiazzarla con uno stetoscopio. Quando fu accanto al mio letto sapevo cosa dirgli.

«Non posso fidarmi di te. Vivi in un appartamento nuovo di zecca con tre camere da letto. Sei un informatore della Stasi».

«Potresti aver ragione» rispose «ma non è molto probabile».

«Rainer è il tuo medico». Jennifer allungò le gambe che aveva accavallato e subito sentii il profumo dolce dell’ylang-ylang.

«Senti, Jennifer, non dire niente a Rainer tranne buongiorno e buonasera».

«Buongiorno, Rainer» disse con quella sua leggera inflessione americana.

Vicino al letto c’era una macchina a cui ero collegato. Avevo dei tubicini attaccati al dorso della mano.



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