M. L'uomo della provvidenza by Antonio Scurati

M. L'uomo della provvidenza by Antonio Scurati

autore:Antonio Scurati
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Bompiani
pubblicato: 2020-08-31T16:00:00+00:00


Ora in colonia, più che altrove, è sacrosantamente vero ciò che tu dicesti con parole memorande un giorno: chi sosta retrocede.

Luigi Federzoni, lettera a Benito Mussolini,

9 ottobre 1927

Paradossalmente, io dico che una Camicia Nera deve bastare a tenere in rispetto la rarefatta popolazione araba della Libia.

Benito Mussolini, lettera a Luigi Federzoni,

18 ottobre 1927

Benito Mussolini

Dicembre 1927

“Carissima Edvige, malgrado il lavoro che non ha mai soste, la mia salute è buona. Sono però obbligato a una dieta molto severa, prevalentemente liquida. Ma siccome io non ho mai peccato per la gola, l’astinenza mi lascia indifferente. A primavera, quando starai meglio, vieni a passare qualche tempo a Roma. L’Edda è già qui da qualche giorno e oggi, giovedì, arriverà anche Rachele con tutta la tribù, che va benissimo. Dicono che Romano si è fatto, in soli tre mesi, grandicello e carino. Anche qui fa un po’ freddo.”

La lettera scritta la mattina del 25 dicembre millenovecentoventisette alla sorella Edvige testimonia che Benito Mussolini si avvia a trascorrere un sereno Natale in famiglia. È il quarantaquattresimo della sua vita e il sesto dell’era fascista. Agli italiani può vantare di aver donato, con il decreto governativo del 21 dicembre, la stabilizzazione della moneta nazionale e l’abolizione del suo corso forzoso.

Con il ritorno al regime della convertibilità in oro, corrispondente a lire 92,46 per sterlina, l’Italia è rientrata nell’orbita delle nazioni già tornate al regime della moneta stabile. Molteplici fattori lo hanno consentito, dall’avanzo nel bilancio dello Stato (l’esercizio 1926-1927 che si chiude, grazie a un artificio contabile, con 436 milioni di attivo), alla stabilità dei cambi negli ultimi otto mesi, all’abbondante riserva aurea. Ma tutti questi sono dettagli tecnici che l’uomo della strada non capisce o non apprezza. O entrambe le cose. Ciò che conta è che, mantenendo l’impegno solenne a difendere la lira dalla svalutazione, il Duce del fascismo possa convincersi di aver guadagnato una grande vittoria e persuadere quell’uomo della strada di essersi battuto per lui.

Se nella vita hai conosciuto la fame, reciterai sempre la tua sacra preghiera per il pane quotidiano. Se in gioventù hai conosciuto il pane amaro dell’emigrazione, ti accompagnerà sempre il terrore della disoccupazione. Se sei un figlio del popolo, anche da capo di Stato il piccolo risparmio resterà il tuo cruccio principale. Questo rosario di laiche devozioni il presidente del Consiglio ha salmodiato nei lunghi mesi durante i quali tutti gli davano addosso per l’ostinazione a difendere “quota 90”. I commercianti lamentavano la contrazione dei consumi, gli industriali la perdita di competitività sui mercati internazionali, i fallimenti mostravano cifre inquietanti. Erano tutti d’accordo con la rivalutazione ma tutti contrari a “quota 90”: alcuni la volevano a 120, altri a 110, altri ancora ritenevano impossibile difenderla. Ma il Duce, guidato dal suo istinto di figlio del popolo, ha sempre tenuto duro per tutelare i risparmi, vedendo in quella rivalutazione forzata l’interesse della massa innumerevole dei libretti di deposito, della piccola gente che vive di piccoli risparmi.

Ora la Storia gli ha dato ragione. O, almeno, gli ha dato ragione una cronaca promossa frettolosamente al rango di storia sul campo della propaganda.



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