Metastasi by Gianluigi Nuzzi Claudio Antonelli

Metastasi by Gianluigi Nuzzi Claudio Antonelli

autore:Gianluigi Nuzzi, Claudio Antonelli
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2011-03-02T16:00:00+00:00


Il caso Fiocchi

Dopo le prime esperienze, i clan capiscono di poter sfruttare i sequestrati per scopi diversi dal mero obiettivo di cassa. Colpendo imprenditori, politici e cittadini si lanciava un messaggio intimidatorio alle istituzioni, non molto diverso da quello che la ’ndrangheta lancia oggi, anche se gli strumenti di minaccia sono altri, come un bazooka nascosto in un’auto davanti a un tribunale.

Quarant’anni fa il gruppo criminale lombardo legato ai De Stefano aveva trovato una sorta di accordo con la famiglia dei Trovato «per dare un segnale allo Stato - spiega Barreca - per far sì che attraverso un certo tipo di interlocutori, non esclusi gli apparati dello Stato, si potesse arrivare a fare delle mediazioni». Utili e sbrigative. L’esclusiva testimonianza di Di Bella fa luce proprio sulla zona grigia che la ’ndrangheta coltiva a partire dagli anni Settanta e nella quale si collocano quelli che Barreca chiama, con un termine ambiguo, gli «interlocutori».

Di Bella svela una realtà sconcertante, che parte proprio da un sequestro di persona avvenuto nel 1977. Quello di Pietro Fiocchi, titolare di una prestigiosa fabbrica di munizioni, che viene tenuto segregato per un anno intero. Il suo rilascio, per Di Bella, sarebbe avvenuto a una condizione precisa: appoggiare politicamente il clan. Ricorda il pentito: «Tutto inizia come un rapimento normale. Soldi, la solita macchina organizzativa. I turni per controllare l’ostaggio. I cambi di nascondiglio. La spesa al supermercato fidato e tutto il resto. Ma finisce con un colpo di genio. Secondo me, uno dei tanti della ’ndrangheta. I nemici, va bene, si ammazzano. Ma perché accoppare uno che può diventare amico? La ’ndrangheta non è fatta da un branco di pastori che vive per le bestie e quando è fuori dal recinto spara all’impazzata. Calma. La ’ndrangheta ragiona: oggi posso incassare dieci e bruciarmi la fonte di guadagno per sempre, meglio guadagnare cinque e investire sul futuro».

Soprattutto se nel futuro vedo grandi cose. Prima la droga. E poi con i soldi della cocaina, ristoranti, bar e palazzi e imprese edili. Alla fine appalti e soldi pubblici che portano altri profitti con cui la ’ndrangheta compra altra droga e fa ripartire il circolo. Ogni volta allargandolo. È difficile all’inizio. Ma, una volta avviato, il sistema fa da sé. Avanti e indietro. Come il moto ondoso del mare. Solo che nel caso della ’ndrangheta le onde sono fatte di denaro.

Nel 1977, l’enorme distesa di soldi è ancora un’immaginazione, ma Coco Trovato già capisce che bisogna muoversi in anticipo almeno di dieci anni. E qualcuno dei suoi ha tra le mani una gallina dalle uova d’oro: un uomo che non solo è tra i più importanti di Lecco, ma che rischia di diventare molto influente pure a Roma. Così spremerlo come un limone, magari facendo fallire la fabbrica, non ha senso. Ammazzarlo ancora meno. Allora l’organizzazione si accontenta di un miliardino e lo rimette in libertà. A una condizione: che collabori. È lo stesso Franco Coco (cugino del boss), organizzatore dei due precedenti sequestri, a dire a Di Bella che



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