Nostro Onore by Serena Uccello Marzia Sabella

Nostro Onore by Serena Uccello Marzia Sabella

autore:Serena Uccello, Marzia Sabella [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo sesto

«Palermo-Milano, solo andata»

Glielo dico continuamente: Gli abiti grigi ci vogliono. Anche le cravatte regimental, a righe blu e celesti, per farla completa. Le persone importanti hanno le scorte con il vestito scuro. Noi invece, sempre con ’sti jeans, sembriamo strazzati, per rapinatori ci scambiano. Lo ripeto anche ora, mentre Giovanni sistema la macchina fotografica nel marsupio e Marcello cerca i cappotti per le bambine.

Stasera si esce. Cena prenotata in un ristorante del centro, cucina siciliana e porzioni maschili. Sono passati da casa mia, con la scusa dell’aperitivo. In realtà, il prosecco serve a ribaltare gli schemi lavorativi, cadenzati dai saluti sull’uscio, dall’orario per domani, dal buonasera, dal grazie, dalla mia porta che si chiude.

Cominciate a scendere, io vi seguo; metto in frigo le olive e chiudo i balconi. L’aiutiamo? E che bisogno c’è. Stasera si esce. Si esce senza blindata. Cioè, senza scorta ma con le scorte. Tutti i ragazzi che lavorano con me e quelli che si sono trasferiti. Le nostre famiglie al completo. Minimo due volte l’anno abbiamo questo appuntamento. Anche con i quarantacinque gradi estivi esageriamo. Porzioni di cinghiale e vassoi di salsiccia anche sul bordo di una piscina. Tutto ripreso e fotografato. Rigorosamente trasposto in un ciddí con le musiche di sottofondo, le didascalie e la frase conclusiva sul valore dell’amicizia. Un montaggio come quello dei matrimoni. Una collezione di filmati dove la volgarità dell’abbuffata è lenita dal contrappeso della colonna sonora. E da qualche tramonto che interrompe la sequenza delle foto di un agnello con patate. Solo che non riusciamo a raggiungere un obiettivo: la foto istituzionale. Su un giornale era stata pubblicata una mia fotografia con uno dei ragazzi della scorta, scattata a caso davanti alla questura di Palermo. Mancavano gli altri ovviamente. Perciò, discorsi e discussioni, abbiamo deciso che faremo una foto in cui ci siamo tutti. E, se mi dovesse capitare un’intervista, mi impegnerò per farla pubblicare. La foto però deve essere istituzionale. Una bella foto con il magistrato e le scorte, ingessati dai ruoli e dalla posa. E, siccome di momento istituzionale si tratta, questa foto non esiste. Non ci riesce e non c’è verso. Ne abbiamo fatte tante, ma nessuna è come dovrebbe essere. O la buttiamo sul ridere o siamo appanzati. Tutto sembriamo, tranne che il coraggioso piemme e i temibili guardaspalle. E poi glielo dico continuamente: Gli abiti grigi ci vogliono. Intanto, valla a fare una mangiata comediocomanda in completo scuro loro e tailleur ministeriale io. Proveremo pure stasera e Salvino comincerà al solito: Picciotti niscemmu i pistoli ca n’amma fari la fotografia, mi raccomando sguardo aggressivo, n’amma scantari di nuatri stessi.

Sí scendete, vi raggiungo subito. Dottorè non è che ci fa aspettare come tutti i santi giorni? Veramente negli altri giorni non sono io che esco in ritardo ma siete voi che arrivate in anticipo. Mettiamola cosí. I bicchieri rimangono sulla tavola. Prendo la borsa, i telefoni, i regali per i bambini. Sento l’eco delle voci giú per le scale. La familiarità delle risate. È da tanto tempo che sono con me, nel perimetro della mia vita scardinato e pieno.



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