Padre Pio. Miracoli e politica nell'Italia del Novecento. by Sergio Luzzatto

Padre Pio. Miracoli e politica nell'Italia del Novecento. by Sergio Luzzatto

autore:Sergio Luzzatto [Luzzatto, Sergio]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo sesto

Stigmate littorie

La relazione inoltrata da padre Gemelli al Sant’Uffizio nell’aprile del 1926 - il documento forse più terribile che mai sia stato prodotto su padre Pio da Pietrelcina - conteneva una digressione meritevole di nota. Dopo avere presentato il frate con le stigmate come un pover’uomo deficiente e psicopatico, irretito dal proprio direttore spirituale e da lui spinto a scimmiottare san Francesco, il rettore dell’Università cattolica richiamava l’attenzione del tribunale della fede sopra un altro personaggio dell 'entourage di padre Pio, «un certo tale, del quale io non ricordo che il nome, Emanuele». Mesi prima, costui aveva fatto visita a Gemelli qualificandosi come un professore di ginnasio: gli aveva spiegato che i prelati del Vaticano si sbagliavano di grosso intestardendosi a negare la santità di padre Pio, e aveva preannunciato che laddove il Sant’Uffizio avesse tentato di procedere a un trasferimento coatto, i fedeli del frate si sarebbero opposti «anche con la forza, anche con le armi»1.

Padre Gemelli riconobbe in tale visita una prova aggiuntiva del pericolo corso dalla Chiesa a causa della devozione per il cappuccino stigmatizzato. A «San Giovanni di Monterotondo» si era formata infatti «una specie di famiglia, di congregazione di anime spirituali (alcuni uomini e alcune donne), educata e diretta da P. Pio». Vari membri della conventicola avevano avvicinato Gemelli per rimproverargli la sua ostilità al santo vivo del Gargano, ma il rettore della Cattolica sollecitò il Sant’Uffizio a indagare soprattutto sulla figura di Emanuele, il sedicente professore di ginnasio. Oltreché guidare la fronda dei devoti contro il clero secolare di San Giovanni Rotondo, questi conduceva infatti una vita moralmente reprensibile. In generale, risultava a padre Gemelli ch’egli fosse il «capo del piccolo gruppo di persone» raccolte intorno a padre Pio2.

Dell’equivoco personaggio, Gemelli non ricordava il cognome. Eppure, la sua analisi era straordinariamente esatta, molto più di quanto egli stesso potesse sospettare. Durante gli anni e i decenni seguenti, la vicenda di padre Pio sarebbe stata influenzata in modo decisivo dalla figura e dalle iniziative del suddetto Emanuele, che di cognome faceva Brunatto. Dell’alter Christus garganico, costui è stato il Pietro: l’apostolo primo e maggiore, il fondatore del culto organizzato. Perciò, scrivere la storia di padre Pio significa anche, necessariamente, scrivere la storia di Emanuele Brunatto. I più tra gli agiografi del cappuccino hanno invece evitato, et pour cause, di ricostruire nel dettaglio le trame intessute per decenni da questo corsaro della santità. Nel 2003 - all’indomani della canonizzazione del frate di Pietrelcina - un giornalista ultradevoto vorrà bensì dedicare alla vita, alle avventure e alla morte di Brunatto un libretto intitolato L’uomo che salvò Padre Pio3. Ma nessun agiografo si è mai fatto carico di quanto compete allo storico: frugare, studiare, interpretare.

Così, è rimasto finora sconosciuto tutto un versante della vita di Brunatto, la cui esplorazione vale a illuminare l’intera storia di padre Pio di una luce nuova, insieme sorprendente e sinistra: svelando il lato oscuro della luna di un culto popolare. Perché l’Emanuele che insospettì padre Gemelli nella fugace sua visita del 1926 era un uomo dotato, se non di talenti spirituali, di risorse intellettuali fuori del comune.



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