Primo sangue by Amélie Nothomb

Primo sangue by Amélie Nothomb

autore:Amélie Nothomb [Nothomb, Amélie]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Voland
pubblicato: 2022-03-13T23:00:00+00:00


Al rientro dalle vacanze Jacques mi raccontò quello che definiva il suo “flirt” con una ragazza inglese.

– Che estate, caro mio! Le ragazze: dovresti provare anche tu!

Aveva sicuramente ragione. Perché la cosa non mi attraeva? Forse ero ancora troppo infantile? Pensai a Simon e dichiarai:

– È che non sono bello.

– E allora? Perché, io sono bello? – disse Jacques. – Oltretutto non sei mica brutto. Sei più che passabile.

Rassicurato da quel parere, mi chiesi dove avrei potuto conoscere delle ragazze. Alle superiori frequentavo un istituto non misto.

Jacques evidentemente mi lesse quel dubbio negli occhi: mi propose di accompagnarlo all’uscita di una scuola femminile di quella zona. Alle quattro e un quarto ci appostammo sul marciapiede di fronte all’ingresso dell’Institut Sainte-Ursule.

In realtà non avevo mai avuto a che fare con nessuna ragazza. Quelle della tribù Nothomb, per il fatto di essere sopravvissute alla rude educazione della loro famiglia, assomigliavano più a delle pasionarie che a quanto immaginavo dovesse essere una ragazza: una creatura evanescente, sognatrice, che viveva nell’iperuranio.

Quando vidi quella fiumana di fanciulle riversarsi fuori dal Sainte-Ursule, rimasi a bocca aperta. Metà di loro erano giovincelle così graziose che non sapevo quale guardare. Mi affidai a Jacques, che aveva esperienza, per approntare una tecnica di abbordaggio. Lui rimase immobile come me, frastornato dalle ondate di grazia e di vitalità che defluivano dalla scuola. Mezz’ora dopo non c’era più nessuno.

– E allora? – chiesi.

– Niente di che! Robetta – disse Jacques.

– Stai scherzando? Erano una più incantevole dell’altra.

– Patrick, tutto questo entusiasmo è controproducente. Alle donne piacciono gli uomini indifferenti.

– Però nessuna ti ha guardato.

– Fingevano disinteresse. Ho preparato il terreno.

Visto che il terreno era preparato, tornammo il giorno dopo.

Alle quattro e un quarto avevo il cuore che mi batteva all’impazzata. Il miracolo accadde di nuovo: si aprirono le porte dando libera uscita a una meravigliosa marea di ragazze. Anche le meno graziose grondavano fascino. A dire il vero, una qualunque di loro avrebbe fatto di me il ragazzo più felice del mondo.

Fu allora che accadde il dramma: Jacques fu preso da uno di quegli attacchi di tosse che erano la sua specialità. Da giovane tisico quale era, tossì così forte che finì per vomitare un fiotto di sangue sul marciapiede. Io svenni.

Quando mi svegliai, una ragazza di una bellezza celestiale mi teneva una mano sulla fronte.

– Dov’è Jacques? – balbettai.

– Non so di chi parla, signore. È svenuto nel suo sangue. Da quanto tempo ha la tubercolosi?

– Non lo so – risposi, molto impressionato nel sentirmi chiamare signore.

– Vuole che faccia venire un’ambulanza?

– No, preferisco tornare a casa.

Mi aiutò ad alzarmi. Guardando la pozza di sangue secco in cui ero caduto, scoprii che solo il sangue fresco, fluido e vivo mi faceva svenire. Così anche le macchie di sangue sul cappotto mi lasciarono indifferente.

Édith mi accompagnò fino a place de Jamblinne de Meux. Aveva quattordici anni e voleva fare l’infermiera. I genitori le avevano dato quel nome in omaggio a Edith Cavell. L’eponimia aveva funzionato: la ragazza vedeva in me un



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