Ragazzi di zinco (Dal mondo) by Svetlana Aleksievic

Ragazzi di zinco (Dal mondo) by Svetlana Aleksievic

autore:Svetlana Aleksievic
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2012-12-27T23:00:00+00:00


«Ho avuto due gemelli, maschi, ma dei due solo Kolja era sopravvissuto. Fino ai diciotto anni, fino alla maggiore età, quando ha ricevuto la cartolina per il servizio militare, Kolja figurava negli elenchi dell’Istituto per la protezione della maternità. Era proprio necessario mandare dei soldati come lui in Afghanistan? Una mia vicina ha avuto ragione a rimproverarmi: “Non potevi raccogliere un paio di migliaia di rubli e ungere le ruote?”. Qualcuno l’aveva fatto e aveva salvato il proprio figlio. E il mio era stato mandato al posto suo. Ma io non capivo che per salvarlo avrei dovuto dare dei soldi. Io che per lui ero pronta a dare l’anima.

Sono andata a trovarlo in occasione del giuramento. Lo si indovinava solo a guardarlo: non è pronto per la guerra, ha l’aria smarrita. Io e lui ci siamo sempre detti le cose con franchezza.

– Non sei pronto, Kolja. Ho intenzione di farlo presente.

– Mamma, non brigare e non umiliarti a chiedere. Credi davvero di poter impietosire qualcuno? Dicendo che non sono pronto? Ma non interessa a nessuno!

Sono comunque riuscita a farmi ricevere dal comandante del battaglione. L’ho pregato:

– È il mio unico figlio... Se gli succede qualcosa non potrò più vivere... E poi lui non è pronto... Lo vedo: non è pronto...

Mi ha trattato con simpatia.

– Si rivolga all’ufficio di leva del suo distretto. Se mi fanno avere un documento ufficiale, farò in modo che la destinazione di suo figlio sia nel territorio dell’Urss.

Il mio aereo è atterrato a notte fonda, ma alle nove del mattino ero già all’ufficio di leva. Il commissario è il compagno Gorjačev. È seduto, parla al telefono. Io aspetto in piedi che finisca...

– Cosa c’è?

Gli espongo la questione. A questo punto suona di nuovo il telefono. Lui solleva la cornetta e intanto mi dice:

– Non scriverò nessun documento.

Lo supplico, mi metto in ginocchio. Sono pronta a baciargli le mani.

– Ma è il mio unico figlio!

Non si è neanche alzato da dietro la scrivania.

Mentre vado via, gli chiedo ugualmente:

– Prenda almeno nota del mio nome.

Continuavo nonostante tutto a sperare: forse ci avrebbe ripensato, avrebbe esaminato il caso di mio figlio, o era fatto di pietra!?

Di lì a quattro mesi... I corsi di addestramento accelerati durano evidentemente tre mesi, fatto sta che mio figlio dopo quattro mesi mi scrive una lettera già dall’Afghanistan. Quattro mesi in tutto. Un’estate.

Una mattina sono uscita per andare al lavoro. Stavo scendendo le scale quando me li sono visti venire incontro. Tre militari e una donna. I militari davanti e ognuno di loro teneva il berretto appoggiato sul braccio sinistro. Io sapevo, chissà come, che per gli ufficiali questo era un segno di lutto. Allora faccio dietro front e comincio a risalire. Evidentemente capiscono che sono la madre: e anche loro cominciano a salire... Allora io mi infilo nell’ascensore e scendo... Devo uscire in strada e tagliare la corda... Salvarmi... Per non dover sentire nulla... Il tempo di arrivare al pianterreno, l’ascensore si apre e quella gente entra: erano già tornati da basso ad aspettarmi.



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