Sanpa, madre amorosa e crudele by Fabio Anibaldi Cantelli

Sanpa, madre amorosa e crudele by Fabio Anibaldi Cantelli

autore:Fabio Anibaldi Cantelli [Cantelli, Fabio Anibaldi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2021-02-11T23:00:00+00:00


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Madre amorosa e crudele

Tacciamo l’esperienza vivente, ed essa sarà una stella che muterà il nostro corso. Parliamo dell’esperienza vivente ed essa sarà scaraventata nello scalpiccio del mercato.

MARTIN BUBER

Confessioni estatiche

Quella mattina di marzo – una specie di 8 settembre per San Patrignano – mi resi subito conto di quanto fosse difficile, dopo un’intensa esperienza di comunità, praticare l’epoché husserliana, il giudizio messo tra parentesi che precede e prepara il rischioso viaggio nella profondità di se stessi.

Un evento emblematico e per me anche drammatico, che in quella situazione di sbandamento collettivo mi consegnò a una solitaria deriva e mi pose davanti alla necessità di oltrepassare l’inaccettabile dilemma fra apostasia e professione di fede, fu la testimonianza di Antonia pubblicata sull’Espresso.

Come me, Antonia aveva subìto una chiusura nei primi anni di San Patrignano, ma la raccontò mossa da tali sentimenti di rancore e di vendetta da non rivelare nemmeno di essere rientrata in comunità qualche tempo dopo, per seguire il fidanzato che aveva ripreso a drogarsi: descriveva San Patrignano come un inferno, lei che in quell’inferno ci era spontaneamente tornata.

Antonia era un’amica, una persona che stimavo e con la quale avevo condiviso esperienze anche importanti, sicché per me divenne essenziale, dopo aver superato lo smarrimento, capire l’origine, il non detto di quella testimonianza.

Perché lo aveva fatto? Perché aveva voluto tradire il significato profondo di un’esperienza che pur nella sua violenta radicalità ebbe un valore catartico e liberatorio, come riconoscemmo entrambi all’epoca della nostra amicizia?

Nelle terapie di comunità è normale passare dall’iniziale resistenza a una partecipazione viscerale. Viscerale al punto da rendere poi necessario un contrappeso al sentimento di appartenenza, un sentimento critico capace di distaccarsi gradualmente dallo stadio dell’identificazione. Se è vero però che non c’è altro modo di liberarsi dalle proprie dipendenze che quello di esserne consapevoli – conoscere la cosa, la persona, l’idea, la comunità, il mondo da cui dipendiamo e allo stesso tempo differenziarci, riconoscerci come altro, vedere l’insensatezza di continuare a identificarci in ciò che non siamo – si tratta di un obiettivo molto alto nella vita non solo di un tossicodipendente, ma di qualsiasi uomo, sicché accade assai di rado che l’uscita dalla comunità corrisponda all’acquisizione di questo sentimento critico, di questa autentica capacità di amare perché libera dai vincoli del bisogno.

Anch’io, quando me ne andai da San Patrignano ufficialmente risanato, nell’estate del 1989, avvertii l’esigenza di prendere le distanze dalla comunità e di smitizzarne la figura, che continuava ad aleggiare minacciosa e protettiva, sorta di sovrastante e intoccabile divinità. Quella stessa influenza che avevo accettato dentro San Patrignano, trasfigurandola in sentimento di appartenenza, fuori dalla comunità stava assumendo il carattere dell’ingerenza, dell’invasione del mio spazio vitale. Non appena si presentarono poi le ordinarie difficoltà di adattamento sociale che un tossicodipendente incontra dopo l’esperienza di comunità – l’esigenza di disegnare nuovi orientamenti, di trovare un’autonomia economica, di stabilire relazioni umane soddisfacenti – la colpevolizzazione inconscia di San Patrignano assunse forme così radicali da prospettarmi il ritorno alla droga, alla madre comprensiva, come l’unica possibilità di liberarmi dall’influsso della madre autoritaria.



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