Se mi cerchi non ci sono by Marina Mizzau

Se mi cerchi non ci sono by Marina Mizzau

autore:Marina Mizzau [Mizzau, Marina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Manni
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


CAPITOLO DICIOTTESIMO

Il sosia

PER MARIA TERESA

Tu Maria Teresa, hai sempre inseguito amori impossibili, proprio perché impossibili, se li vedessi realizzarsi, scapperesti. Vorresti un eterno, lui fuggirebbe nel tempo e tu non avresti il tempo per raggiungerlo. Nell’attesa di trovarlo hai sempre fatto tentativi in direzioni sbagliate, brevi storie che si concludevano quasi subito dopo l’inizio, sapendo che non avresti ottenuto niente, forse volendolo. Dopo le fallite, timide mosse con il collega di educazione fisica, solidamente sposato, l’insegnante di religione, il giovane docente di francese rigorosamente gay, c’è stato il medico di famiglia. Cercavi di conquistarlo appostandoti nel suo ambulatorio in attesa che terminasse le visite per restare sola con lui, cedendo il posto a quelli che erano dopo di te. (Tocca a lei signora. Può passare avanti lei, io non ho fretta.) E una volta dentro gli gettavi un’esca così tenue che lui non capiva o gli riusciva facile fingere di non capire. (Come sta? Dipende da che punto di vista. Per quali ragioni è venuta? Oh, lei lo sa bene… Non vorrei che lei pensasse che ho secondi fini.)

Mi confessavi queste tue uscite, queste imprese, e mi dicevi forse non mi sono fatta capire, forse mi sono fatta capire anche troppo, e lui si è spaventato ha fatto finta di non capire; e io ridevo per coprire il mio imbarazzo e il tuo, e tu dicevi la prossima volta intendendo che un futuro incontro sarebbe stato più fruttuoso, e io ripetevo la prossima volta e naturalmente né tu né io ci credevamo e c’era un po’ di amarezza in te in questo far finta di illuderti, ma ridevi perché anche per te l’autoironia è sempre stata un mezzo consolatorio, anche se paralizzante.

Non avevi mai dimenticato quel medico; l’avevi però sostituito con un sosia, cioè uno così simile a lui nell’aspetto che la tua percezione e le tue emozioni si confondevano.

Mi hai raccontato questa storia nei dettagli, anche se in modo un po’ confuso, punteggiato da risatine imbarazzate e silenzi che io ero autorizzato, forse anche invitato a riempire, da allusioni che dentro di me esplicitavo. Ora te la restituisco più lineare, la tua storia, cercando di conservare tutto il pathos che ci hai messo tu, e perdonami se mi prendo qualche libertà nel descrivere i viaggi della tua mente, i sussulti del tuo cuore.

Nel primissimo momento in cui l’hai visto, cioè hai visto il medico che amavi (chiamiamolo Zeno), al ristorante delle terme, hai riso. Un riso nato dall’urto tra una percezione che ti dava una certezza e la ragione che te la negava. È stato un attimo: non poteva essere lì, non poteva essere lui, malgrado gli assomigliasse in modo incredibile. Si aggirava un po’ perso tra i tavoli, con l’eleganza e il leggero impaccio di un gatto diffidente. Stessi movimenti di Zeno. Da dietro gli occhiali i suoi occhi erano verdi o grigi o azzurri (il colore di quelli di Zeno non sei mai riuscita a coglierlo con certezza); come già conosciute erano le spalle, i suoi capelli



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