Sposare un'ereditiera by Lorraine Heath

Sposare un'ereditiera by Lorraine Heath

autore:Lorraine Heath
La lingua: ita
Format: azw3
editore: MONDADORI
pubblicato: 2004-05-10T22:00:00+00:00


10

Vestita con la camicia da notte, Georgina sedeva su una poltrona, i piedi nascosti sotto di sé. Come poteva una persona che si sentiva assolutamente intontita provare tanto dolore? Il petto le doleva a ogni respiro. Gli occhi le bruciavano per le lacrime che aveva versato.

Non aveva mai preso in considerazione una vita senza suo padre. L’aveva amata follemente, come se fosse lei a decorare di stelle il cielo notturno. Le aveva comperato sfarzosi gioielli, vestiti orribili e un marito.

Perché l’aveva amata.

Non gli era mai importato che lei possedesse lineamenti asciutti. Non si era mai preoccupato che lei non camminasse come se avesse un libro in equilibrio sulla testa. Non si era mai impensierito che lei desiderasse più arrampicarsi sugli alberi, esplorare le grotte e cavalcare che ricamare i fazzoletti.

Con lui non aveva mai avuto paura di essere se stessa. Suo padre aveva accettato sia le sue doti sia le sue debolezze. L’aveva amata semplicemente perché esisteva. Lei era sua e lui era suo.

Ora non aveva che i ricordi a darle forza. In un batter d’occhio, l’aveva lasciata sola, davvero sola. Non in senso materiale, perché aveva Devon, qualche amico e i domestici. Ma sola sul piano emotivo, perché sapeva che nessuno l’avrebbe mai amata tanto profondamente quanto aveva fatto lui.

Sollevò lo sguardo verso il cielo scuro. Desiderava ardentemente la vastità di una notte texana. — Spero che la mamma stesse aspettandoti quando sei arrivato — sussurrò.

Una lacrima le bagnò la guancia e se l’asciugò. Si domandò quanto tempo sarebbe passato prima che le lacrime non accompagnassero più i pensieri su suo padre. Non si girò quando sentì aprire la porta. I domestici bussavano. Devon no. Era la sua casa, dopotutto. E lei era sua moglie.

L’ultimo dono di suo padre, un marito che le avrebbe dato dei figli per riempire il vuoto nel suo cuore.

Devon si accovacciò davanti a lei e le prese le mani, accarezzandole le nocche con i pollici. Le mani di suo padre erano state callose e ruvide. Sebbene quelle di Devon fossero forti e confortanti, non erano quelle di suo padre. Allungandosi, suo marito le sfiorò l’angolo dell’occhio, facendole battere le ciglia.

— È tardi. Perché non cercate di dormire un po’?

Dormire. Come poteva spiegare che il sonno aumentava solo la solitudine, una solitudine che filtrava in profondità nelle ossa, la raggelava e la terrorizzava? Aveva Devon e quindi nessun motivo di sentirsi sola. Ma la solitudine non aveva niente a che fare con il numero di persone che si aveva intorno. Solo l’accettazione e l’amore potevano tenerla a bada.

Soffocò le lacrime, scosse la testa. La gola era stretta. — Mi manca così tanto.

Con dolcezza suo marito le mise i capelli dietro l’orecchio. — Vorrei potervi dire che il tempo attenua il desiderio della loro presenza, ma non è vero. Il dolore sordo sarà sempre là e, sospetto, anche le lacrime. — Le fece un sorriso triste. — Farò tutto quello che posso per alleviare la vostra sofferenza, e non dovete preoccuparvi che mi possa approfittare una volta che i beni di vostro padre saranno inclusi nel mio patrimonio.



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