Storia e destino by Aldo Schiavone

Storia e destino by Aldo Schiavone

autore:Aldo Schiavone [Schiavone, Aldo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858409398
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


2. È stato invece proprio all’idea di una natura sottratta al mutamento – di una natura come argine e come confine posto al di fuori di qualunque trasformazione – che si sono sempre legate tutte le ipotesi di assegnarle un ruolo prescrittivo, la suggestione di intravedervi impressi definitivi e inviolabili codici metafisici.

Non sarebbe difficile dimostrare come i concreti valori normativi che, nelle differenti situazioni, si immaginava di leggere in un simile “ordine” non avessero nulla, e in nessun senso, di effettivamente “naturale”, ma fossero solo le proiezioni di particolari contingenze culturali. Nella storia della vita non si esprimono altre “leggi” (volendo continuare a servirsi di questa metafora inadeguata), se non quelle intrinseche alle trasformazioni evolutive. E nella trama dello spazio-tempo non se ne trovano di diverse dai formalismi che descrivono i movimenti e le forze presenti in determinate condizioni “storiche” della materia e dell’energia (in un universo intento solo a “calcolare” se stesso), quasi sempre peraltro in termini probabilistici e tendenziali. Nei momenti cruciali della storia del cosmo, infatti, ogni ordine acquisito cede di colpo, e dà origine a nuovi scenari che si distinguono radicalmente da quelli anteriori. Anche le regolarità piú onnicomprensive, come quelle riflesse in enunciati del tipo «l’universo è fatto di atomi» oppure «la simmetria è all’origine di ogni evoluzione cosmica», rivelano una loro storicità, sia pure estrema. E persino la luce, alla cui velocità leghiamo il valore di una costante che consideriamo assolutamente immutabile, ha, come sappiamo per aver registrato la traccia della sua nascita, una propria storia.

La natura manifesta però visibilmente e intuitivamente delle ciclicità, che si ripetono su tempi per noi lunghissimi, e determina dei vincoli, con l’apparenza dell’eterno. Ed è stato perciò sempre facile inscrivervi dentro, come su una pagina bianca, quei contenuti etici e sociali che di volta un volta ogni cultura dominante (o che aspirava a esserlo) considerava come irrinunciabili, alla base stessa della propria esistenza: fino ad arrivare, in particolari contesti, a una sorta di naturalizzazione ideologica della morale, del diritto, dell’economia. Erano evidentemente solo concezioni, rapporti, modelli storicamente determinati – il risultato di contingenze dalla durata piú o meno variabile – ma venivano presentati come regole immutabili, che non si potevano in alcun modo aggirare. In questo senso, ogni epoca ha elaborato un suo peculiare e sempre diverso “ordine della natura”, cui riteneva di poter affidare le proprie certezze. Ed è accaduto cosí che abbiamo a lungo considerato pienamente “secondo natura” istituzioni e pregiudizi che oggi ci appaiono del tutto aberranti.

È successo con la schiavitú: una pratica che noi giudichiamo unanimemente degradante solo da meno di due secoli, ma che fino a ieri una lunga e nobile linea di pensiero, da Aristotele alla pubblicistica confederata durante la guerra civile americana, riteneva una tipica istituzione “naturale”, senza che mai le Chiese cristiane avessero avuto molto da obiettare al riguardo. È capitato con gli indios dell’America latina, valutati come “per natura” senz’anima dalla sbrigativa teologia sul campo dei conquistatori spagnoli. È avvenuto per la condizione della donna, bollata come “per natura”



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