Storie di fuoco by Paolo Macry;

Storie di fuoco by Paolo Macry;

autore:Paolo, Macry; [Macry, Paolo ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Intersezioni
ISBN: 9788815369949
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2021-05-15T00:00:00+00:00


V.

Il bene e il male

La guerra civile che a partire dal 1936 oppose al governo di Madrid i militari ribelli di Francisco Franco affondava le radici nei conflitti che per generazioni, in Spagna, avevano coinvolto agrari e contadini, poteri laici e chiesa, stato centrale e province. Ma erano gli anni in cui l’Europa si stava dividendo tra democrazia, fascismo e comunismo, e quella guerra civile finì per diventare il teatro di uno scontro ideologico e geopolitico che andava al di là della penisola iberica. Fu la prova generale del 1939-45, è stato detto.

In difesa della repubblica minacciata dai golpisti accorsero volontari da mezzo mondo. Erano attratti dall’idea della fratellanza tra i popoli, dal rifiuto dell’aggressione, dalla romantica empatia per le vittime. Molti erano politicizzati, socialisti, comunisti, anarchici, spesso avevano in tasca una tessera di partito. E tutti misero in gioco la propria vita perché intendevano battersi contro il fascismo. Contro il fascismo europeo, oltre che contro Franco. «Alla fine più di quarantamila giovani, provenienti da più di cinquanta nazioni, andarono a combattere e spesso a morire in un paese di cui la maggioranza di loro non conosceva altro che la figura vista a scuola su un atlante geografico», ha scritto Eric Hobsbawm. Erano francesi, tedeschi, polacchi, ucraini, italiani, inglesi, americani. Contavano nelle loro file giornalisti, scrittori, artisti, fotografi, oltre che gente comune. Un’umanità straordinariamente variegata che Malraux avrebbe descritto da par suo. «C’erano volti ostinati di comunisti e capelli di intellettuali, vecchi polacchi coi baffoni alla Nietzsche e giovani facce come se ne vedono nei film russi, tedeschi col cranio rapato, algerini, italiani che sembravano spagnoli, inglesi dall’aspetto più pittoresco di tutti, francesi che assomigliavano a Maurice Thorez o a Maurice Chevalier». Poi, continuava Malraux, «cominciarono a cantare e, per la prima volta nella storia del mondo, uomini di tutte le nazioni cantavano l’Internazionale».

Nulla di simile accadde tra le file che combattevano per Franco, sebbene la ribellione militare avesse galvanizzato – sotto le insegne della guerra ai «rossi» – settori non marginali di opinione pubblica, ultracattolici, conservatori, fascisti, antisemiti. Furono molti gli stranieri che scesero in campo a fianco dei golpisti, ventimila tedeschi, ottantamila italiani, settantamila marocchini, ma si trattava di combattenti mandati dai propri governi o di truppe mercenarie. I volontari furono duemila, forse meno. Provenivano da una quarantina di paesi, irlandesi che andavano a difendere la chiesa cattolica, francesi che odiavano il fronte popolare a Parigi come a Madrid, russi antibolscevichi che sognavano la rinascita dell’impero zarista. Ebbero i propri miti e i propri eroi, come la lunga resistenza della fortezza dell’Alcázar di Toledo e del generale José Moscardó Ituarte all’assedio dei governativi, ma restarono un fenomeno marginale, che sarebbe improprio paragonare alla capacità attrattiva della repubblica.

La Spagna si prestava molto poco a essere interpretata attraverso l’alternativa fra libertà e dittatura e i volontari transnazionali che combatterono sul suolo iberico spesso ignoravano cosa covasse dietro la ferocia irriducibile del conflitto tra repubblicani e falangisti, antiche contrapposizioni politiche, storiche fratture sociali e territoriali. Malgrado questo, osserva François Furet, la



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