Una libera donna d'affari by Luca Martinelli

Una libera donna d'affari by Luca Martinelli

autore:Luca Martinelli [Martinelli, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: giallo, prato, giallo storico
editore: Damster
pubblicato: 2020-03-21T16:00:00+00:00


17.

Ritemprato da sei ore di sonno prive di sogni, Chilleri finì di radersi, si lisciò la pelle con le mani e rivolse un sorriso soddisfatto alla sua immagine riflessa nello specchio. Sì, era soddisfatto per come si erano messe le cose. Perché prima di addormentarsi, e poi subito dopo il risveglio, ripassando in rassegna tutti gli aspetti della questione, si era definitivamente convinto: il colpevole era il dottor Donati. I dubbi instillati da Valenti, assai labili, alla fine, gli erano sembrati irrilevanti. Perché la verità incontestabile era semplice: accusare il dottor Donati spiegava con logicità ogni dettaglio dell’omicidio: spiegava il dissidio tra il carnefice e la vittima, spiegava il frammento della lettera, spiegava la fuga dell’assassino. Senza quella verità, chissà con quale assurde ipotesi avrebbe ancora dovuto arrovellarsi.

Si sistemò l’abbottonatura della giacca, si calcò bene in testa il berretto e uscì dalla camera, già pregustando il sapore pieno e amarognolo del caffè che avrebbe bevuto in piazza del Comune. Invece, quando era ormai nell’atrio della caserma, a un passo appena dal portone, il brigadiere Valenti uscì di corsa dalla stanza del telefonista e lo richiamò a gran voce.

— Il dottore è sul treno, maresciallo — annunciò sprizzando gioia da ogni poro della pelle. — Arriverà in stazione fra una ventina di minuti.

In un’altra circostanza, Chilleri non avrebbe digerito di buon grado l’idea di rinunciare al caffè, ma quella volta non fece una piega. Mettere fine all’intrigo che gli aveva fatto perdere il sonno e la pace valeva bene un piccolo sacrificio.

— Allora, andiamo, brigadiere.

In strada, gli aromi zuccherini e penetranti dei biscottini alle mandorle e delle Mantovane, rilasciati nell’aria dal vicino forno del Mattei, spronò i due uomini ad accelerare il passo. Se li avessero respirati troppo a lungo, affamati com’erano entrambi, non si sarebbero fatti scrupolo di lasciar perdere il treno, il Donati e tutta quell’assurda indagine, per recarsi nel caffè più vicino a rimpinzarsi di dolci.

Quando giunsero alla stazione del Serraglio ansimavano, tanto avevano camminato spediti. Tuttavia, dal momento che erano in anticipo sull’orario previsto di arrivo del treno e che quest’ultimo, come appresero dal capostazione, viaggiava in ritardo di almeno cinque minuti, ebbero tutto il tempo di riprendere fiato.

Con un gran stridere di freni, anzi, il convoglio entrò in stazione con tre minuti di ritardo aggiuntivi rispetto a quello annunciato.

— Che piacere maresciallo. Siete per caso in partenza? — chiese il dottor Donati e, sceso dal predellino del vagone, allungò la mano per stringere quella di Chilleri.

Con suo enorme sorpresa, né il comandante dei carabinieri né il brigadiere Valenti si mossero per accettare la stretta. E l’entusiasmo del dottore, anzi, di fronte al grugnito iroso e allo sguardo di fuoco del maresciallo si gelò all’istante. L’uomo diventò immobile come una statua e non fu capace di spiccicare altra parola.

— Aspettavamo voi — disse finalmente il maresciallo, dopo un silenzio interminabile; poi fece cenno a Valenti di mettersi al lato del dottore.

— Me? — replicò l’altro sorpreso, le guance rotonde che cominciavano a tremare.

— Voi, sì — replicò, secco, il maresciallo.



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