Vita di una ragazza schiava by Harriet Jacobs

Vita di una ragazza schiava by Harriet Jacobs

autore:Harriet Jacobs [Jacobs,Harriet]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-07-04T00:00:00+00:00


Capitolo XXIV

Il candidato al Congresso

Quando il dottor Flint fece il suo terzo viaggio a New York col proposito di catturarmi, l’estate stava volgendo al termine. Essendoci due candidati in lizza per un seggio al Congresso, tornò in tempo per votare. Il candidato repubblicano era il padre dei miei figli. Fino a quel momento il dottore era stato un repubblicano convinto, ma ora si adoperò per una sconfitta del signor Sands. Organizzò delle cene all’ombra del suo giardino per comitive assai numerose di soli uomini, in cui il rum e il brandy scorrevano a fiumi. Se un poveraccio si fosse bevuto il cervello e, in quell’atmosfera conviviale, avesse dichiarato apertamente di non aver alcuna intenzione di votare per i democratici, sarebbe stato buttato in strada senza troppe cerimonie.

Il dottore sperperò i suoi liquori invano poiché il signor Sands fu eletto, una circostanza che suscitò in me una serie di pensieri angoscianti. Non aveva ancora emancipato i miei figli e, nel caso in cui fosse morto, sarebbero finiti in mano ai suoi eredi. Ebbi l’impressione che le due vocine che spesso arrivavano fino alle mie orecchie mi pregassero di non far partire il padre senza aver provato ad assicurare loro la libertà. Erano passati diversi anni dall’ultima volta che gli avevo parlato. Non lo vedevo dalla notte in cui, senza essere riconosciuta, l’avevo incontrato camuffata da marinaio. Immaginai che prima di partire sarebbe venuto a parlare con la nonna riguardo ai bambini, e mi preparai.

Il giorno prima che partisse per Washington, verso sera, avevo fatto in modo di scendere dal nascondiglio sotto il tetto alla dispensa del piano inferiore. Ero talmente irrigidita e impacciata che per passare da un punto all’altro incontrai molte difficoltà. Quando arrivai alla dispensa le mie caviglie cedettero e mi accasciai a terra esausta. Avevo l’impressione che non sarei più riuscita a usare le gambe. Ma l’obiettivo che avevo davanti fece riaffiorare tutta la forza di cui disponevo. Strisciai sulle mani e sulle ginocchia fino alla finestra e, nascosta dietro una botte, attesi il suo arrivo. L’orologio batté le nove, e io sapevo che il vaporetto sarebbe partito tra le dieci e le undici. Le mie speranze stavano diminuendo. Ma in quel mentre udii la sua voce dire a qualcuno: “Aspetta un istante. Voglio salutare zia Martha”. Entrò in casa e poco dopo uscì. Mentre ripassava davanti alla finestra, dissi: “Fermati un minuto, voglio parlarti dei miei figli”. Sobbalzò, si fermò, poi riprese a camminare e uscì dal cancello. Chiusi l’imposta che avevo appena aperto e mi accasciai dietro la botte. Avevo sofferto tanto, ma raramente avevo subìto un colpo duro come quello. Possibile che i miei bambini fossero diventati così insignificanti? E che fosse così insensibile alla sorte della loro povera madre da non aver la minima intenzione di ascoltarla mentre intercedeva per loro? Il mio cuore fu pervaso da ricordi così dolorosi che dimenticai di non aver agganciato l’imposta fino a che qualcuno non la aprì. Alzai lo sguardo. Era tornato. “Chi mi chiama?” chiese a bassa voce.



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