Williamson Jack - 1940 - L'impero dell'oscuro by Williamson Jack

Williamson Jack - 1940 - L'impero dell'oscuro by Williamson Jack

autore:Williamson Jack [Williamson Jack]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-12-15T08:12:12+00:00


CAPITOLO XIII

La segreta, perduta nei sotterranei di Cnosso, non era dissimile dal pozzo in cui Teseo aveva aspettato il giorno dei giochi. Un pozzo quadrato, dalle pareti di granito, scavato nella roccia viva, umido per l’acqua che filtrava dalle pareti, freddo e sinistro, ove regnava un odore di decomposi-zione che faceva gelare il sangue. Teseo era totalmente solo.

Neppure il più fievole raggio di luce, però, raggiungeva il pozzo, per distinguere il giorno dalla notte, e l’oggi dal domani. Nessun rumore filtrava dal mondo dei vivi, in alto. Teseo sapeva che dovevano esserci delle guardie, nei cupi corridoi di pietra che si stendevano in alto, ma non udì neppure il sospiro di una voce, o il fruscio del più leggero dei passi. La segreta era un sepolcro dei morti viventi.

Nell’altro pozzo, prima dei giochi, Teseo aveva affermato che un uomo avrebbe potuto fuggire anche da un luogo del genere… se ciò fosse stato necessario. Ora, si disse Teseo, questo era necessario. E provò a far funzio-nare il piano che aveva escogitato.

Aveva aspettato, per ore, o per giorni, interminabili, che le guardie venissero a portargli il cibo. Ma non arrivò alcun cibo. La giustizia dell’Oscuro, apparentemente, cominciava con il digiuno solitario.

Teseo era certo che qualcuno ci fosse, però, per assicurarsi di quando in quando che il prigioniero fosse ancora vivo. E, quando fu sparita ogni speranza di fuggire grazie alla forza delle proprie mani, cominciò a chiamare, a intervalli regolari, rivolgendosi all’oscurità che gravava sopra di lui:

«Dieci talenti d’argento per portare un messaggio all’ammiraglio Phaistro!»

Dieci talenti d’argento erano quattro volte il peso di un uomo, in metallo, e l’argento era il metallo più prezioso. Un talento significava una grande ricchezza. Dieci erano una cifra sufficiente ad eccitare la cupidigia di ogni uomo. Ma la voce di Teseo rimbalzò cupamente sulle pareti spoglie della segreta, e morì nel silenzio, assorbita dalle tenebre e dal nulla, e non giunse alcuna risposta.

Pronunciò queste parole per molte volte, finché non ebbe più voce.

Dormì, si svegliò, gracchiò il suo rauco appello, dormì e si svegliò di nuovo, e lo mormorò, con il rantolo che gli era rimasto. Il tempo era breve, ormai; dopo, non avrebbe più avuto né le forze né la ragione, per riuscire a realizzare il suo piano.

«Uomo nudo, quale argento possiedi?»

Dapprima non riuscì a credere di avere udito quel mormorio cauto e spaventato. Rimase immobile, tremando, sulla fredda pietra. E il mormorio si fece udire di nuovo, debolmente:

«Condannato, dov’è il tuo argento?»

Era reale! Teseo cercò di calmare i suoi muscoli, che gli dolevano e facevano tremare il suo corpo esausto, cercò di ritrovare la voce, e la forza, e l’astuzia. Terrorizzato dall’idea di un errore, che avrebbe annullato anche questa sua ultima, debolissima speranza, mormorò nel buio:

«Io possiedo duecento talenti d’argento… e anche trecento talenti d’oro, e due volte questo peso in bronzo e in stagno, e quaranta giare piene di gioielli… che il capitan Fuoco ha preso da cento tra le più ricche navi di Creta e d’Egitto e delle città del nord.



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