30 giugno 1960. La rivolta di Genova nelle parole di chi c'era by A. Benna & L. Compagnino

30 giugno 1960. La rivolta di Genova nelle parole di chi c'era by A. Benna & L. Compagnino

autore:A. Benna & L. Compagnino [Benna, A. & Compagnino, L.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788869430442
editore: Frilli
pubblicato: 2015-06-09T22:00:00+00:00


Intervista a Paride Batini

Paride Batini, entrato in porto giovanissimo come lavoratore occasionale e più volte eletto console della Compagnia Unica dei portuali, nel 1960 aveva 26 anni e partecipò a tutte le manifestazioni contro il congresso fascista. Come nacque la mobilitazione?

Nacque già molto tempo prima del 30 giugno, settimane prima, e in modo del tutto spontaneo.

Quando si diffuse la notizia che a Genova ci sarebbe stato questo congresso fascista, tutte le forze democratiche incominciarono a mobilitarsi. L’organizzazione della protesta non era in mano ad un partito o a un gruppo specifico, per tutta la città si diffondevano gli inviti a mobilitarsi affinché fosse chiara l’opposizione di tutti alla decisione di tenere qui a Genova il congresso dell’MSI.

Noi portuali dopo il lavoro ci fermavamo sempre in piazza Banchi a discutere.

Prima i turni non c’erano e gli orari di lavoro erano più o meno standardizzati dappertutto – dalle otto alle cinque, massimo cinque e mezza si finiva di lavorare – e ci si ritrovava in assembramenti estemporanei e non inquadrati dal punto di vista politico, anche se naturalmente avevamo un ideale comune.

E via via che la data del congresso si avvicinava, il nostro coinvolgimento cresceva e gli incontri in piazza Banchi diventavano il punto di riferimento dell’intera giornata.

Non c’erano degli oratori fissi: una sera parlava uno, la sera dopo un altro: si improvvisava. E spesso partivamo in corteo, con destinazioni che sceglievamo al momento. Ci furono molte scaramucce con la polizia, anche perché noi non sapevamo che si dovesse chiedere l’autorizzazione per fare un corteo, e i poliziotti a volte ci lasciavano passare, a volte volevano impedircelo.

Ma se è vero che ci comportavamo in maniera spontanea e magari ingenua dal punto di vista organizzativo, è altrettanto vero che avevamo, invece, ben chiara la nostra motivazione e il nostro obiettivo: non volevamo che il congresso si tenesse a Genova e avevamo tutte le intenzioni di far sentire la nostra protesta.

Nel frattempo l’ANPI e i partiti si mobilitavano in modo più preciso e puntuale.

La guerra era finita da poco e ne avevamo tutti abbastanza dei fascisti, non ci pensavamo nemmeno a ospitarli proprio qui a Genova, città dalla forte tradizione antifascista, medaglia d’oro alla Resistenza.

E arriviamo alla grande manifestazione del 30 giugno…

Il 30 giugno era stato proclamato sciopero generale. Siamo scesi tutti in piazza e dopo il comizio è scattata una scintilla. C’era la famosa Celere di Padova, che era considerata una specie di corpo speciale ed era composta da picchiatori, e il loro capitano all’improvviso ha suonato la tromba e sono partiti i primi caroselli. Si è subito aperto un conflitto fortissimo.

Le camionette, lanciate alla massima velocità, ci venivano addosso fin sotto i portici per disperderci... se non si sono provate le cariche della polizia non si sa cosa significa.

Subito ci fu un fuggi fuggi generale, poi un tentativo di resistenza da parte di tutti i manifestanti. I più giovani di noi non sapevano come comportarsi nel caos dei tafferugli, anch’io ero molto confuso e per fortuna (come ho già scritto nel mio



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