Pais, sciusci e segnorine by Mario Avagliano;Marco Palmieri;

Pais, sciusci e segnorine by Mario Avagliano;Marco Palmieri;

autore:Mario, Avagliano;Marco, Palmieri; [Avagliano, Mario Palmieri, Marco ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Storica paperbacks
ISBN: 9788815374523
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-06-15T00:00:00+00:00


«Criscuolo – ricorda Maurizio Valenzi – aggiunge beffardamente un verso che non c’è: “Lavateve ’e piede!”. Il governatore riprende la parola e invita a “pulire accuratamente, lavando e spolverando ogni locale”»[74]. È una operazione titanica: vengono praticate 3.265.786 disinfezioni in 50 centri di disinfezione nei quali lavorano 700 impiegati. Circa 50 squadre vengono inviate in altrettanti centri fuori Napoli per arginare il dilagare dell’epidemia. In base ai dati raccolti, fino al giugno 1944 si registrano 2.020 casi di malattia, di cui 429 fatali. L’epidemia si sparge rapidamente durante il mese di dicembre. Nelle ultime due settimane dell’anno, i casi denunciati crescono con ritmo allarmante, da 50 a 300; dal 30 dicembre in poi, grazie alla massiccia campagna dell’Amg, cominciano a declinare. Alla fine di febbraio 1945, dieci casi soltanto sono denunciati.

Anche la successiva epidemia di vaiolo, scoppiata nella primavera del 1944, viene affrontata con determinazione dalle autorità alleate che tra l’aprile 1944 e il febbraio 1945 provvedono a vaccinare circa 1.650.000 persone in tutta la regione Campania (900.000 solo a Napoli). «La Napoli del 15 dicembre [1944] – scrive il governatore Hume a quella data, con un po’ di esagerazione – non è quella del primo ottobre. Dopo due mesi e mezzo si è verificato un totale cambiamento. […] E Napoli è sulla strada per riconquistare la sua tradizionale aria di gaiezza»[75].

In realtà di problemi irrisolti ce ne sono tanti, a partire dalla questione degli alloggi, visto che un gran numero di persone, difficile da quantificare, è senzatetto, sinistrata o sfollata, specie nel centro storico. Tra le 12.000 e le 20.000 persone al momento della liberazione alloggia nei ricoveri, nelle stazioni della metropolitana e della funicolare[76]. Molti mesi dopo, a settembre del 1944, la Typhus Sub-Commission, alle dipendenze della Commissione di salute pubblica dell’Acc, censisce ancora 4.932 persone presenti in tali rifugi, scese nel mese di dicembre a 2.171[77].

Nel frattempo altre distruzioni sono provocate dall’esplosione delle mine lasciate dai tedeschi al momento della ritirata. Il 7 ottobre, ad esempio, l’esplosione nel Palazzo delle Poste di un ordigno ritardante causa 30 morti e circa 80 feriti tra i civili, in gran parte donne e bambini. «Gli uffici erano particolarmente gremiti; i cittadini erano accorsi in massa per poter finalmente comunicare coi parenti residenti in altre città liberate dell’Italia meridionale», scrive «Il Risorgimento» del 9 ottobre. Altre mine tedesche esplodono il 12 ottobre in una caserma occupata dagli Alleati, nella zona orientale della città, con 25 morti e 50 feriti, il 16 ottobre nella zona di Santa Lucia, provocando cinque morti e 30 feriti, e il 20 ottobre nella zona di Chiaia, provocando il crollo di un’agenzia della Banca d’Italia e di altri palazzi, con almeno dieci morti.

La città continua inoltre ad essere flagellata dai bombardamenti tedeschi, che si susseguono da ottobre 1943 fino alla notte tra il 14 e 15 marzo 1944, quando interessano nuovamente la zona portuale e i quartieri Montecalvario e San Giuseppe, dove viene colpito il complesso conventuale di Monteoliveto, al cui interno alloggia la caserma dei carabinieri Pastrengo[78].



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