I normanni nel Sud by John Julius Norwich;Elena Lante Rospigliosi;

I normanni nel Sud by John Julius Norwich;Elena Lante Rospigliosi;

autore:John Julius Norwich;Elena Lante Rospigliosi; [Norwich, John Julius]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838942884
editore: edigita
pubblicato: 2021-11-09T23:00:00+00:00


Parte seconda

L’edificazione del regno

Capitolo XIV

Polarizzazione

La Chiesa orientale ha perduto la fede ed è ora

assalita da ogni parte dagli infedeli. Ovunque

rivolgo lo sguardo [...] trovo vescovi che hanno

ottenuto la carica irregolarmente, la cui vita

e il cui parlare sono stranamente in contraddizione

con la loro sacra vocazione. [...]

Non vi sono più principi capaci di anteporre

l’onore di Dio ai loro fini personali... e coloro

tra i quali io vivo – romani, longobardi e

normanni – sono, come ho spesso detto loro,

peggiori degli ebrei e dei pagani.

Lettera di Gregorio VII ad Ugo di Cluny,

22 gennaio 1075

Roberto il Guiscardo non tornò mai in Sicilia. Il suo era un genio militare, non amministrativo, e sembrava non avere più interesse per un territorio, una volta che questo fosse saldamente in suo possesso. Di fatto, però, l’isola, quando la lasciò verso la fine del 1072, era ben lungi dall’essere completamente conquistata. Gli emiri saraceni a Trapani ad occidente e a Taormina ad oriente ancora non davano segno di sottomissione; la morte di Serlone aveva dato nuovo vigore alla resistenza al centro; mentre, a sud di una linea ideale tra Agrigento e Catania, i normanni non avevano ancora incominciato a penetrare. Ma per Roberto simili considerazioni non avevano importanza. Palermo era sua: ormai era duca di Sicilia di fatto oltre che di nome. Era ora di rivolgere la sua attenzione ai suoi domini sul continente e, una volta ristabilitovi l’ordine, riprendere il posto che gli spettava sulla scena europea. Per fortuna, Ruggero sembrava contento di rimanere nell’isola. Avrebbe potuto portare a termine il compito di pacificazione a suo piacimento – e questo compito l’avrebbe seriamente impegnato.

Ruggero non chiedeva di meglio. Benché gli mancasse la spavalderia del Guiscardo, era, se non più intelligente, certo assai più sensibile del fratello. La Sicilia lo aveva colpito sin dall’inizio e per dieci anni lo aveva di continuo affascinato. Probabilmente era caduto vittima di quella strana magia del mondo islamico che tanto spesso incanta gli ingenui nordici, ma vi era di più. Quella che agli occhi di Roberto era apparsa semplicemente un’altra splendida gemma nella sua corona, come una propaggine territoriale della penisola italiana inopportunamente separata da questa da un braccio di acqua, era stata invece una sfida agli occhi di Ruggero. Quello stretto, proteggendo l’isola dalle continue scaramucce dell’Italia meridionale, offriva alla Sicilia possibilità di grandezza assai superiori a quelle che sarebbe stato possibile realizzare sul continente, e gli offriva anche la possibilità di sottrarsi una volta per sempre alla tutela del fratello.

Di tutti i problemi che gli si prospettavano, il più importante era quello di estendere l’autorità normanna su tutta l’isola, il che – lo sapeva bene – avrebbe richiesto parecchio tempo. Dopo la partenza del Guiscardo, erano più rari che mai gli uomini su cui si poteva fare affidamento; con poche centinaia di cavalieri al suo comando, Ruggero poteva solo sperare di consolidare le sue passate conquiste. Per il resto, doveva fare assegnamento solo sulla sua abilità diplomatica per indebolire la resistenza saracena finché questa



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