Ali di piombo by Concetto Vecchio

Ali di piombo by Concetto Vecchio

autore:Concetto Vecchio [Vecchio, Concetto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2013-05-07T22:00:00+00:00


Bifo Berardi è stato per un po’ ospite di Piero Lo Sardo, fondatore del «Male», a Roma, poi da amici a Milano, quindi ha preso il treno e se n’è andato a Parigi. Un amico, Gian Marco Montesano, traduttore dei testi di Radio Alice in francese, gli ha consigliato di bussare alla porta di Guattari. Non gli pare vero. «Io Guattari lo adoravo. L’Anti-Edipo di Deleuze e Guattari l’avevo divorato.» Prima di chiamarlo ci ha rimuginato una settimana. Invece è accolto come un figlio. È fine maggio. Parigi splende. Guattari vive in Rue de Condé, tra l’Odeon e Saint Germain, in una casa traboccante di libri. L’abitazione funge anche da studio di psicoanalista. Qui Bifo conosce anche Gilles Deleuze. In Francia è uscito un libro su Radio Alice, con prefazione di Guattari, recensito il 3 luglio da Maria Antonietta Macciocchi su «Le Monde»: «Una delle radio libere che danno più noia al compromesso storico». Scrive Guattari: «La polizia ha liquidato Alice, ma il suo lavoro di deterritorializzazione rivoluzionaria continua incessantemente fin dentro le fibre nervose dei suoi persecutori». Berardi pubblica un suo libro, Chi ha ucciso Majakovskij, edito da Squilibri Editore. Dario Fiori, il proprietario della casa editrice, gli porta l’anticipo di 200mila lire: nascosti nei calzini. Il libro esce nelle librerie italiane il 7 luglio. E quel giorno lo catturano. «Bifo arrestato a Parigi presso una miliardaria» strillano i giornali. «Si stava recando in visita a un’avvenente signora nel suo appartamento.» Rimane in carcere quattro giorni. L’11 luglio è liberato. I giudici hanno accolto il ricorso del suo legale, Georges Kiejman. Il 6 giugno un nuovo mandato di cattura ha invece raggiunto Benecchi, «il leader degli autoriduttori», secondo la definizione del «Resto del Carlino». È accusato di avere guidato l’assalto all’istituto di Anatomia, la scintilla che fece scoppiare gli incidenti che poi portarono all’uccisione di Lorusso. È quello messo peggio. Lo inchiodano cinquantadue capi d’imputazione. Avrebbe guidato il corteo non autorizzato, detenuto armi improprie e bottiglie incendiarie, minacciato le forze dell’ordine. È descritto come «il capo politico e militare del movimento». Un comandante ai cui ordini rispondono mille uomini armati. E mentre i compagni sfilano davanti al carcere di Forlì cantando «Gui e Tanassi sono innocenti/siamo noi i veri delinquenti» vive una durissima detenzione. Sei mesi di isolamento, per cominciare. Senza poter parlare con nessuno. Senza leggere i giornali. Gli unici contatti sono con gli avvocati Achille Melchionda e Alessandro Gamberini. Altri sette mesi li passa nel carcere di Bologna. «Già allora non condividevo affatto la lotta armata. Dicevo: se vincono le Br emigro in Svizzera.»

L’11 giugno finiscono in cella molti protagonisti del movimento bolognese: Carlo Degli Esposti, Mauro Collina, Giancarlo Zecchini. Degli Esposti oggi è il produttore della serie televisiva Il commissario Montalbano; Collina è dirigente di Rifondazione comunista; Zecchini fa l’imprenditore. E poi Maurice Bignami, figlio di un partigiano, poi confluito in Prima linea. Per l’assalto all’armeria Grandi viene invece arrestato Mario Isabella, un proletario finito nei guai per molte e complicate vicende, prima di cambiare vita al punto di pensare di farsi frate.



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