Vita e destino by vasilij grossman

Vita e destino by vasilij grossman

autore:vasilij grossman
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2013-12-12T23:00:00+00:00


25

Štrum, la moglie e la figlia giunsero a Mosca con la neve e il freddo. Aleksandra Vladimirovna non aveva voluto lasciare il lavoro in fabbrica e, sebbene Štrum si fosse impegnato a trovarle un posto all’Istituto Karpov, era rimasta a Kazan’.

Erano giorni strani, giorni in cui la gioia andava a braccetto con l’angoscia. I tedeschi facevano paura come e più di prima, e di certo preparavano nuovi, tremendi attacchi.

La guerra non era ancora a una svolta. Ma la voglia di tornare a Mosca era naturale e comprensibile, legittimo il rientro di alcuni dicasteri deciso dal governo.

Taluni volevano cogliervi un segreto annuncio dell’imminente primavera di guerra, eppure in quel secondo inverno di battaglie la capitale aveva la solita aria cupa e dimessa.

Cumuli di neve sporca lungo i marciapiedi. In periferia case, fermate d’autobus e negozi erano collegati da sentieri, come in campagna. Da molte finestre fumavano i tubi di ferro delle stufe, e i muri degli edifici erano coperti da uno strato giallo di ghiaccio e fuliggine.

Tra giacche di pelliccia e scialli di lana, i moscoviti sembravano tutti forestieri, campagnoli.

Durante il tragitto dalla stazione, seduto su valigie e fagotti nel cassone di un camion, Štrum osservava il viso imbronciato della figlia Nadja che gli stava accanto.

«Che c’è, Mademoiselle?» le chiese. «Te l’immaginavi così, Mosca, nei tuoi sogni di Kazan’?».

Indispettita dalla perspicacia del padre, Nadja non rispose.

«L’uomo non capisce che le città che crea non diventano parte integrante della natura» attaccò Viktor Pavlovič. «E che se vogliamo difendere la nostra cultura da lupi, tormente ed erbacce, non possiamo permetterci di lasciare il fucile, la vanga o la ramazza. Basta uno sbadiglio, bastano un paio d’anni di distrazione, e addio: i lupi escono dai boschi, i cardi avanzano, la città sparisce sotto una coltre di neve e di polvere. Quante capitali sono già morte di polvere, neve ed erbacce!».

Štrum avrebbe voluto che anche la moglie, seduta accanto al loro autista di fortuna, ascoltasse le sue riflessioni; si sporse oltre il bordo del camion e attraverso il finestrino abbassato le chiese:

«Stai comoda, Ljudmila?».

«La morte della cultura non c’entra» disse Nadja. «Qua non c’è nessuno a spalare la neve».

«Sciocchina» disse Štrum. «Guarda che iceberg...».

Il camion sussultò pesantemente, fagotti e valigie sobbalzarono, e con loro anche Štrum e Nadja. Padre e figlia si guardarono e scoppiarono a ridere.

Strano, strano davvero. Non avrebbe mai pensato di fare la sua scoperta più grande, la più importante, in un anno di guerra e di dolore e in una casa non sua, da sfollato a Kazan’.

Si sarebbe potuto credere che, avvicinandosi a Mosca, avrebbero tutti provato una certa esultanza, e che il dolore per Anna Semënovna, Tolja e Marusja, il pensiero delle vittime che si contavano quasi in ogni famiglia si sarebbero mescolati alla gioia del ritorno, riempiendo i loro cuori.

Invece niente andò come previsto. In treno Štrum si arrabbiò più volte, e sempre per delle sciocchezze. Ce l’aveva con Ljudmila, che dormiva in continuazione e non guardava fuori dal finestrino la terra che il figlio aveva difeso. Quanto russava,



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