Andrea Camilleri - Le pecore e il pastore - bluebook by Igeax Baldo

Andrea Camilleri - Le pecore e il pastore - bluebook by Igeax Baldo

autore:Igeax Baldo [Baldo, Igeax]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-10-22T21:13:54.517000+00:00


Agrigento, gli avivano spiegato la facenna e il profissore aviva arrispunnuto che arrivava prima che potiva.

Infatti s'arricampò alla Quisquina alle quattro del matino.

Il profissore Ramunnu Borsellino merita però 'na piccola parentesi.

Il vescovo, nella littra che scrisse a Pio XII per contargli la storia, lo definisce «ottimo chirurgo». Era forse qualichi cosa di più, era un chirurgo assolutamente geniale.

Piccolo di statura, nirbùso, sgarbato, mutanghero, era in realtà un omo timido e di una generosità sconfinata.

Negli anni dei terribili bombardamenti angloamericani, aviva fatto 'na bella pinsata. Visto e considerato che troppi feriti morivano pirchì non c'era il tempo o i mezzi per portarli allo spitale, ecco che subito doppo un bombardamento s'appresentava il profissore che opirava i feriti nella prima casa ancora sana che attrovava. Accussì, come in un vero e propio campo di battaglia.

Per gli spostamenti si serviva della so machina, io me l'arricordo enorme, guidata da un autista pirchì lui non la sapiva portare.

Finita la guerra, dato che fagliavano i spitali o non c'erano posti, si mise a fari il chirurgo volante, operando case case. Dù jorni avanti l'operazione passava nell'abitazione del malato, scigliva la càmmara, la faciva puliziare e disinfettare e po' opirava, al jorno stabilito, macari supra a un tavolo da mangiari. Fece accussì macari con me matre che non arrinisciva a trovare posto nello spitale.

Siccome che non poteva sterilizzare gli strumenti adoperati per ogni opirazione, si portava appresso un armamentario di strumenti già sterilizzati distribuiti in cinco o sei valigette. Ogni valigetta era un set, come si direbbe oggi, da chirurgo da campo.

E si portava appresso macari 'na poco di cammisi bianchi. Quelli allordati, li mittiva in un sacco che tiniva nel portabagagli. Come assistente, si pigliava il medico condotto del paìsi. Torno a ripetere, faciva veri e propi miracoli. Omo religioso, non sopportava i parrini nelle vicinanze del posto indove che doviva travagliare.

«O lei o io» disse un jorno a un parrino che vide nella càmmara allato a quella dove il paziente stava già stinnicchiato in attesa.

«Ma è mio fratello!» disse il parrino.

«Allora l'operi lei» fici il profissore andandosene.

Tornò sulo quanno ebbe piena assicurazione che il parrino sinni era annato.

Diventò una leggenda vivente. Spisso e vulanteri non si faciva pagare. La gintuzza s'inventò su di lui una canzonetta. Ne ricordo due versi:

E passa Bursallino

cu lu cuddruzzu tortu...

Perché, pirdenno le nuttate a opirare, dormiva in machina, con la testa appuiata a un normale cuscino bianco da letto, approfittanno degli spostamenti da un paìsi all'altro. A forza di dormiri accussì, il collo gli era addivintato tanticchia storto.

Si lasciò convincere dai notabili DC siciliani a presentarsi come deputato nazionale. Venne eletto con centinara di migliara di voti di preferenza. Pigliato dalla politica, non opirò più, stava sempre a Roma. Allura i comunisti tirarono fora 'na speci di slogan: «Bravi! Avete scangiato un chirurgo senza pari con un deputato di mezza tacca». Alle elezioni successive, si ripresentò. Ottenne una decina di voti di preferenza. Tornò a opirare come prima e quanno passava per le strate con la machina la gente gli batteva le mano.



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