Angel (Italian Edition) by Elizabeth Taylor

Angel (Italian Edition) by Elizabeth Taylor

autore:Elizabeth Taylor [Taylor, Elizabeth & Letizia, Claudia Valeria]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B072ZZWL1F
editore: Beat
pubblicato: 2017-06-20T22:00:00+00:00


Parte quarta

1.

Dopo il viaggio di nozze tornarono a Paradise House. Davanti alla facciata, sul lato sud, c’erano delle impalcature e si vedevano chiazze di intonaco nuovo; c’era odore di vernice e stucco e si udiva martellare. La balaustra era stata riparata e l’urna caduta rimessa al suo posto. Erano anche arrivati due pavoni; Angel li aveva ordinati mentre si trovava in Grecia e Nora li aveva accolti con un certo nervosismo. Gironzolavano avviliti sulla terrazza ricoprendola di escrementi, perdevano le penne, a volte strillavano, e non facevano mai la ruota.

Nora era preoccupata di tutto, specie delle spese sempre più pazze di Angel. La casa mangiava parecchi soldi, le scrisse. Ma Angel non ricevette mai la lettera; erano già ripartiti, perché qualunque posto era una delusione. In particolare, fu una delusione la Grecia. Non somigliava affatto alla Grecia dei suoi romanzi: c’era tanta muratura crollata e così abbacinante da stancare gli occhi, gli uliveti sembravano polverosi, e dei templi avanzavano solo le colonne. Il cibo era nauseante: piatti di polpo nero, olive nere, salsicce di fegato nere. Lei, in vita sua, aveva sempre mangiato bene, e le mancava la buona cucina. Esmé rideva dei suoi gusti schifiltosi. Il viaggio li aveva spossati entrambi e il mal di mare aveva esaurito lui, che tentava di nascondere la nausea perché ogni volta scatenava una lunga tiritera di lei su fantasia malata e forza di volontà, sul lasciarsi andare al ritmo della nave e pensare ad altro, non sempre e solo a se stesso. «Non è sano il cibo, per questo stai male. È da sciocchi dare la colpa agli elementi o al mare. Io sono stata più accorta di te a rifiutare la zuppa con l’uovo e il limone e quel calamaro rivoltante buttato nell’olio rancido». Esmé si ficcava le dita nelle orecchie. Il discorso sul mal di mare lo irritava da morire, ma le seccature non si esaurivano lì. Lei si era portata una lunga veste bianca a pieghe, con la quale insisteva a farsi fotografare in piedi su qualche plinto; lo doveva ai suoi lettori, diceva. E poi collezionava souvenir. Dovunque andassero, lui finiva sempre carico di costumi da contadina – che lei provava non appena rientravano in albergo –, di ceste e bottiglie di vino, ceramiche, collane, icone e statuette di gesso. Lei non riusciva mai a imparare il valore della valuta locale e guardava accigliata le monete che le davano di resto, borbottando i propri sospetti e facendo sempre la figura della diffidente. A Rodi mollò un ceffone a un ragazzino che aveva rovesciato una gabbia e gettato nelle acque del porto un topolino vivo. «Con il cristianesimo questo posto si è spento» sentenziò ad Atene. A Delfi riempì una bottiglietta con l’acqua della fonte sacra. «La regalerò a Nora» disse. «Per ispirarle altre poesie». A Esmé parve un regalo piuttosto misero. Lui sfogava la propria irritazione correggendole la pronuncia quando parlava greco e, a Venezia, quando parlava italiano.

Fatto strano, pur essendo in Italia Venezia risultò meno deludente. Il vantaggio – ma non sarebbe durato a lungo – era che nessuno dei suoi romanzi era ambientato lì.



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