Argilla by David Almond

Argilla by David Almond

autore:David Almond [Almond, David]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Salani Editore
pubblicato: 2013-04-28T22:00:00+00:00


28

«Tanto ti scarica» mi disse Frances.

Mi era venuta incontro nel corridoio. Eravamo diretti alla lezione di Prat. Era l’ultima ora del venerdì.

«Chi?»

«Marilyn Monroe. Tu chi pensi? Ci hai viste, vero?»

Feci spallucce.

«Ci hai viste e hai fatto finta di niente» proseguì. «Perché dovrebbe volere uno che la ignora e che se ne va in giro trasognato tutto il giorno?»

«Boh».

«Boh. Questo dice tutto».

Mi pugnalò con il dito nelle costole.

«Ma che ti prende? Non lo vedi quanto è deliziosa? Cos’è che ti frulla in quella stupida zucca?»

Stavo per dire boh, ma mi frenai.

Mi schioccò le dita davanti alla faccia.

«Ehilà!» esclamò. «Ehilà. C’è nessuno?»

Scrollai le spalle.

Lei scosse la testa.

«D’accordo» continuò. «Oggi glielo dico. Scaricalo, le dirò».

«E diglielo!»

«Lei lo farà. Sei solo una perdita di tempo».

Si allontanò in tutta fretta. Maria era già in classe. Quando arrivai, Frances le stava bisbigliando qualcosa nell’orecchio, e gesticolava. Si misero tutte e due a ridacchiare. Mi guardarono dritto in faccia, poi si girarono, fecero una smorfia e risero sguaiatamente. Mi sedetti accanto a Geordie. Lui allontanò la sedia.

«State buoni!» ci esortò Prat.

Guardò alcuni appunti.

«Dove ero rimasto?» chiese.

«All’inferno» sibilò Geordie.

«Aha!» esclamò Prat. «L’argilla!»

Sollevò una pallina d’argilla tra le dita.

«La cosa più semplice di tutte» disse. «Un grumo di fango. Roba morbida, melmosa, viscida, scivolosa, informe. Non potrebbe essere che ci sentiamo attratti perché ci ricorda noi stessi, la sporcizia e l’informità umana?»

Si interruppe. Gettò un’occhiata circolare nell’aula.

«Sporcizia» ripeté. «È così? Possiamo usare una simile parola per riferirci a noi stessi?»

Nessuno rispose.

Frances volse lo sguardo verso di me e annuì.

«Tu dici di sì?» chiese Prat.

«Oh, certamente, professore» rispose Frances.

«Pur tuttavia» continuò Prat, «c’è chi dice che noi siamo esattamente il contrario, che siamo spiriti benedetti. È così? Chi la pensa in questo modo? Chi pensa» e abbassò la voce, «che siamo come gli angeli?»

Geordie alzò la mano.

«Io, professore».

«Grazie, George» disse Prat. «Anch’io l’ho pensato sovente di me stesso. Però...» Sgranò gli occhi. Alzò un dito, come faceva sempre quando credeva di essere molto profondo. «Non è forse vero che la verità sta da qualche parte nel mezzo? Non è forse vero che siamo le due cose? Che siamo spirito e sporcizia! Chi è d’accordo?»

«Io, professore» bofonchiarono in molti.

«Ottimo! Allora andiamo avanti. Non può essere che ci piace lavorare l’argilla perché dimostra quanto l’atto creativo possa...»

«Porca miseria» borbottò Geordie. «Ma non la finisce più?»

Prat continuò a blaterare. Camminava su e giù davanti alla classe, chiudeva gli occhi, si tamburellava sulle tempie, contemplava il cielo fuori della finestra.

Geordie mi guardò. Scribacchiò qualcosa su un foglietto e me lo passò.

Ma cos’è questa storia del bacio di cui parlava Mouldy?

«Eh?» bisbigliai.

Scrisse di nuovo.

Baci. Coccole.

Mi guardò. Aveva un ghigno stampato sulla faccia. Schioccai la lingua e feci una smorfia. Lui roteò gli occhi e protese le labbra come per darmi un bacio. Cominciai a scrivere qualcosa sul foglietto, ma non sapevo bene cosa.

Finiscila, scrissi alla fine.

Lui finse di essere scioccato.

«Tutto bene, George?» gli chiese Prat nel bel mezzo del discorso.

«Sì, professore».

«Ottimo. Per un istante ho creduto che stessi per reagire alle mie parole».

«Oh, no, professore».

«Ottimo».

Prat alzò la mano e afferrò una caramella che stava volando in aria.



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