Balco atlantico by Jérôme Ferrari

Balco atlantico by Jérôme Ferrari

autore:Jérôme Ferrari [Ferrari, Jérôme]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: 2011/2013
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2013-10-14T22:00:00+00:00


Come ho già detto, a Castelluccio ebbi ancora impulsi di ribellione. Quando succedevano, tutta la mia aggressività si riversava su Fakhri, che allora mi era tremendamente antipatico. Non lo sopportavo, soprattutto quando cercava di farmi parlare dei miei genitori.

«Mia madre era un tiranno domestico, un incubo edipico, e mio padre un senza palle. Motivo per cui vedo i fantasmi, se vuole risparmiare tempo. Non capisco questo cosa spieghi».

Oh, mio padre, mia madre, la mia infanzia! Cosa c’è da trovare in un’infanzia, se non sgomento e angoscia? A che pro? Gli dicevo di lasciarmi in pace con quella storia. Chiedeva che gli parlassi di mia moglie e dei miei figli. Io non volevo. Non avrei certo parlato di mia moglie, che aveva la sfortuna di essere ebrea, a un musulmano filopalestinese che si sarebbe affrettato ad accusarla di tutti i mali del mondo, gli dissi un giorno.

«Non vedo perché dovrei prendermela con una donna che forse neanche esiste. Tra l’altro sono libanese e cristiano maronita, signor Moracchini».

«Non faccia giochi di parole con me, Fakhri!».

«Dottor Fakhri. Sa, signor Moracchini, ho una certa difficoltà a credere che lei sia stato un rinomato etnologo, mi chiedo addirittura se non sia seriamente razzista».

Godevo quando vedevo che faceva fatica a contenersi. Oggi non ne sono molto fiero. Qualche giorno dopo tornò a trovarmi in compagnia di una ragazza con gli occhiali che si guardava in giro con aria totalmente attonita. Era una tirocinante di psicologia. Mi rivolse uno sguardo inquieto. Avevo la barba non fatta, ero in pigiama e imbottito di pasticche, e comunque le facevo paura. La magia dell’ospedale psichiatrico agiva, presumo. Ero arrabbiato nero. Immaginai che si aspettassero da me l’esposizione completa dei miei sintomi. Sedettero di fronte a me. Dissi a Fakhri che ero più che sicuro di essermi confessato in pubblico all’università, ma che tutti si erano messi d’accordo per fare come se non fosse successo niente.

«Con quale scopo?» chiese lui.

«Per tenermi come professore» risposi. Ero l’unico professore rinomato della loro università di secondo rango, non volevano perdermi!

«E il fantasma? Questo fantasma che ha tanti e interessanti punti in comune con lei?».

«Gianfranco è assolutamente reale» affermai. «E il mio collega di storia è un bugiardo. Sono sicuro che ha fatto sparire tutti i documenti che lo riguardavano».

«Però da quando è qui, da quando ha cominciato la cura, non le è più apparso, dico bene?».

«Forse perché può apparire solo nella casa di Corte, o magari le vostre medicine mi privano della possibilità di vederlo, benché ci sia. Cosa vuole che ne sappia?».

«Quindi riassumiamo. Contrariamente a quanto ha ammesso nelle ultime settimane, lei ha doti soprannaturali ed è inoltre vittima di un complotto di ampia portata, è così?».

«Sì, sono vittima di un complotto, e forse ho dei doni!» gridai, rendendomi subito conto dell’effetto disastroso che faceva la mia frase.

La studentessa deglutiva con metodo. Detti libero corso alla mia rabbia. Ah, quel tono piagnucoloso!

«È facile presentare le cose così, ridicolizzare il prossimo. Se fossi nato in Siberia e mi fosse capitata la stessa cosa sarei



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